Rispunta l’anima nera dell’isola più bella
L’ALTRA FACCIA DELL’ELBA
Un’isola dalle molte unicità, ma l’Elba è anche quella degli scandali, dei misteri e del buen retiro di boss malavitosi. I cronisti, 15 anni fa, battezzarono «Elbopoli» la bufera giudiziaria in cui rimasero impigliati i prefetti di Livorno Vincenzo Gallitto e di Isernia Giuseppe Pesce, il gip di Livorno Germano Lamberti con alcuni funzionari e imprenditori.
Uno dice Elba e pensa, ad esempio, a storie come quella struggente di amore tra Napoleone in esilio e Maria Waleska. O alle parole dello scrittore Giorgio Faletti: «L’Elba è l’unico posto al mondo in cui il cattivo tempo non mi renda intrattabile». O al racconto di Marco Mantovani, il signore degli occhiali Locman, che sostiene di aver scelto di abitare a Marina di Campo dopo aver ammirato la fotografia dell’isola affissa nientemeno che sulla parete disadorna di un ufficio della polizia di Panama. Oppure alla dichiarazione di amore dell’armatore napoletano Vincenzo Onorato che dalla sua villa che occhieggia il mare dalle colline di Portoferraio sostiene che l’Elba sia addirittura più bella di Capri.
Sì, l’Elba è questa. L’isola dalle molte unicità e dei sogni segreti di chi la frequenta e ci torna ogni anno come ad un segnale convenuto. Ma è anche altro, quella degli scandali, dei misteri e del buen retiro di boss malavitosi. L’anima nera dell’isola. Che i cronisti, quindici anni fa, ribattezzarono «Elbopoli», davanti alla bufera giudiziaria in cui rimasero impigliati i prefetti di Livorno Vincenzo Gallitto e di Isernia Giuseppe Pesce, il gip di Livorno Germano Lamberti e l’ingegnere progettista grossetano Uberto Coppetelli, il dirigente dell’ufficio tecnico del Comune di Marciana Marina e gli imprenditori pistoiesi Franco Giusti e Fiorello Filippi. «All’Elba si è instaurata una gestione amicale della politica e forte è il sospetto che qui e là nasca qualcosa di molto simile a dei comitati di affari. Si assiste al decadimento del costume morale», tuonò Andrea Manciulli, piombinese, in quegli anni responsabile dei Ds per gli enti locali.
Mentre i traghetti facevano la spola tra Piombino e Portoferraio per portare turisti da tutto il mondo — siamo a giugno, è iniziata la stagione estiva — l’Elba venne sbattuta sulle prime pagine dei giornali non per i suoi incanti, ma per i suoi scandali. «È scoppiata Elbopoli», fu lo strillo. Gli operatori turistici si indignarono: «Ci state rovinando l’immagine della nostra isola», polemizzarono con i giornalisti.
In realtà a sfregiare l’immagine dell’isola ci avevano pensato gli speculatori edili. L’Elba era stata corrosa nella sua bellezza quasi unica. Basti pensare all’ecomostro di Procchio. Con i suoi 7.500 metri cubi di uffici, negozi, garage e appartamenti sarebbe dovuto diventare un fiore all’occhiello di una delle località tra le più belle dell’isola. Nell’Italia dei condoni l’ecomostro di Procchio però venne abbattuto, nel 2012, dal presidente della Regione Toscana Enrico Rossi con l’accordo del costruttore Giusti. Motivi? L’ecomostro non solo rappresentava una ferita profonda per il paesaggio elbano ma si era scoperto che era stato costruito nientemeno che sull’alveo del fosso Vallegrande, provocando l’alluvione che nel novembre del 2011 si abbattè su Procchio.
L’anima nera dell’Elba è iscritta nella sua storia di isola cresciuta sul turismo a livelli mai conosciuti nel suo passato povero e minerario. «Abbiamo i redditi mediamente più alti della Toscana ma anche la più bassa scolarizzazione», sottolinea Sergio Rossi, direttore di Elbareport, quotidiano di informazione on line. È la bellezza dell’isola che alimenta abusi e speculazioni edilizie. Si è costruito troppo e spesso male: oltre all’ecomostro di Procchio anche un porticciolo turistico alle foci di un fosso a rischio idrogeologico, un cementificio nel cuore di un quartiere abitato, oltre duemila condoni edilizi in un Comune di tremila abitanti, una scuola accanto ad un cimitero e via seguitando.
Di questo, nelle estati di 14 e 15 anni fa, scrissero i giornali. E di strane presenze. Come quella di Giovanni Marandino, ex cassiere di Raffaele Cutolo, che all’Elba è approdato nel 1999. Messo agli arresti domiciliari trascorreva le sue giornate al bar vicino al porto dove riceveva gli amici e tra un drink e un cappuccino, tesseva i suoi affari mentre la Fondazione Caponnetto lanciava l’allarme: «L’Elba a rischio infiltrazioni mafiose». E quattro anni fa Marandino, a 77 anni, è finito di nuovo in carcere.
Pubblici ufficiali corrotti, speculatori edili e estorsori e usurai, e persino strane mire.
Come quelle appuntate sull’isolotto di Cerboli, a otto chilometri dall’Elba, che appartenne alla famiglia dello scrittore Carlo Cassola, e fa parte del Parco Nazionale dell’ Arcipelago Toscano. «Sebbene sia disabitato e sottoposto a vincoli ambientali rigidissimi, da anni è al centro di misteriosi passaggi di proprietà e di progetti più o meno avventurosi», scrisse nel 2005 Repubblica.
Isola dai molti segreti e misteri, l’Elba è anche terra dove la massoneria è forte, racconta Rossi: «Un tempo ha avuto un ruolo positivo, ma oggi temo che pensi solo agli affari», sottolinea il direttore di Elbareport. Di contro, aggiunge, la politica conta zero. Basti guardare alla frammentazione dell’isola: sette Comuni (prima erano otto) che insieme non superano i trentatremila abitanti. E la debolezza della politica, l’individualismo e il particolarismo elbano favoriscono l’emergere così frequente di scandali e di anime nere.
L’inchiesta del 2004 Nella bufera giudiziaria ribattezzata dai cronisti «Elbopoli» rimasero coinvolti i prefetti di Livorno e Isernia, magistrati e funzionari
Il personaggio Nel 1999 arrivò all’Elba Marandino, cassiere di Raffaele Cutolo Ai domiciliari, riceveva gli al bar vicino al porto tessendo i suoi affari