Il contatto con il boss per i debiti E quella Smart carica di esplosivo
All’amico fermato: «Non dire niente al giudice, tu non ci hai mai conosciuto»
Era assillato dai debiti il viceprefetto Giovanni Daveti. Debiti che erano andati crescendo a dismisura dopo un matrimonio fallito. E quelle cartelle esattoriali da 115 mila euro pesavano come un macigno. Così, quando un amico gli prospetta la soluzione della frode lui si appoggia subito a quel calabrese che a sua volta cerca una spalla che con le sue conoscenze lo aiuti a trovare le entrature giuste per infilarsi nel porto di Livorno, snodo indispensabile per i suoi traffici. La compagna di Daveti, anche lei funzionaria in prefettura, si allarma quando scopre la cifra del debito: «Devi dare 84 mila euro, sono preoccupatissima. Ascoltami, ti rivolgi alla gente giusta per favore?».
La persona a cui si rivolge il viceprefetto per i suoi problemi è lo «zio di Torino», come lo chiamano nel gruppo: specializzato nell’intervento sulle cartelle esattoriali per azzerare gli importi. Viene da una nota famiglia di ‘ndrangheta, sul suo curriculum ci sono numerosi precedenti di polizia. Nasce così il rapporto tra i due. Daveti ha anche una società in Inghilterra nella quale decide di investire fondi illeciti provenienti da Belfiore. Indagando su questi traffici la Guardia di Finanza s’imbatte poi in un’altra iniziativa criminale, quella sull’attentato che viene bloccato grazie all’intervento degli investigatori.
Il 16 novembre sul lungomare di Livorno i finanzieri fermano una Smart con quattro
La compagna, anche lei funzionaria Devi dare 84 mila euro, sono preoccupatissima Ascoltami, ti rivolgi alla gente giusta per favore?
cariche di esplosivo. Sembra un servizio antidroga. In realtà l’inchiesta sul viceprefetto dell’Elba è già avanti. Così i finanzieri, che hanno già messo i telefoni sotto controllo, seguono in diretta tutte le fasi dell’organizzazione dell’attentato. È Giovanni Daveti a dare l’incarico di trovare l’esplosivo. Un uomo di Faenza che commercia in fuochi pirotecnici trova il materiale. Il piano è far saltare in aria l’auto di un uomo che avrebbe truffato in una vicenda immobilitare un suo amico, Stefano Del Carratore, livornese di 65 anni, ufficialmente rappresentante di prodotti farmaceutici. È Del Carratore che il 16 novembre alla guida della Smart verrà arrestato e mandato ai domiciliari con l’accusa di porto abusivo di esplosivo.
L’arresto agita il sonno di Daveti. Davide Alpi, l’uomo che gli ha procurato l’esplosivo, cerca di rassicurarlo: «Con il telecomando non possono risalire a niente, puoi stare sereno, non possono risalire all’identità». Daveti è convinto che i finanzieri cercassero la droga: «Cercavano una Smart bianca di uno spacciatore, ecco perché c’erano i cani». La mattina dell’udienza di convalida dell’arresto, quattro giorni dopo, è Daveti ad accompagnare l’amico con la sua auto in tribunale. «Io non dico nulla nemmeno di queste...io mi avvalgo della facoltà di non rispondere» dice Del Carratore. «Per ora te non hai detto nulla?» chiede il viceprefetto. «Zero, non ho detto nemmeno quando sono nato. Non dico nulla a nessuno». «Se è possesso di materiale esplosivo — gli spiega Daveti — siamo sul fronte da uno a cinque anni che è un reato di particolare tenuità».
«Comunque — ribadisce — io non ho fatto il nome di nessuno». «Te quegli altri non li conosci nemmeno, anche perché loro cercano di trovare il gruppo — si preoccupa il viceprefetto — e il gruppo creerebbe l’associazione per delinquere».
Una condotta spregiudicata — la definisce il gip — che impone l’esigenza di «preservare le indagini dal pericolo di inquinamento probatorio». Inquinamento — sottolinea il giudice — che potrebbe riguardare anche «altre attività opache» in materia di rifiuti, gioco d’azzardo, commercio di soldi falsi, di falsi permessi di soggiorno, ricorrenti nelle conversazioni di Daveti». Per questo «va tagliata la testa dell’associazione»: la caratura criminale del viceprefetto e del calabrese, la possibilità di contatti con le istituzioni e con gli imprenditori rendono necessario il carcere per entrambi. «Una volta isolati i due la forza dell’organizzazione è depotenziata».