Ecco la sala Michelangelo e Raffaello Paolucci: è la rosa dei venti dell’arte
Schmidt: ho riportato il «Tondo Doni» vicino ai ritratti dei suoi committenti
Undici opere di cui almeno sei sono capolavori universalmente riconosciuti per il nuovo allestimento della Sala Michelangelo e Raffaello agli Uffizi, la 41 nell’ala di ponente, che, voluta da Eike Schmidt, è stata inaugurata ieri con l’imprimatur autorevole di Antonio Paolucci. È una rivoluzione copernicana: sia per i criteri di allestimento — su cui ha inciso la mano dell’architetto Antonio Godoli — sia per la scelta delle opere.
Una rivoluzione che l’ex ministro e Soprintendente del Polo Museale Fiorentino sintetizza dicendo: «Oggi questa sala diventa la Rosa dei venti della Storia dell’arte, quella che i marinai usano per conoscere la direzione delle correnti. Accostare Michelangelo ai ritratti dei Doni o alla Madonna del cardellino significa portare in un sol luogo i due massimi maestri di quella stagione felice: Michelangelo, che, come diceva Vasari, è stata “la lucerna” capace di illuminare l’arte a venire e Raffaello, la cui grazia e bellezza ricorda certe madonne dei della Robbia e che ispirerà i grandi che verranno dopo di lui, da Guido Reni a Poussin, Canova e il primo Picasso». La novità più eclatante, come avevamo anticipato, riguarda lo spostamento dei ritratti ad Agnolo Doni e a Maddalena Strozzi, di Raffaello da Palazzo Pitti agli Uffizi. «Loro — spiega il direttore degli Uffizi Eike Schmidt palesemente emozionato dalle parole di Paolucci — furono tra i più grandi mecenati del tempo. Non solo chiesero e ottennero che Raffaello li ritraesse, ma furono anche i committenti
del Tondo di Michelangelo che per questa ragione gli abbiamo messo accanto». Se i coniugi sono alla destra di Michelangelo — sospesi dentro a una teca in mezzo alla sala e quindi molto valorizzati — alla sua sinistra c’è la scultura della testa di Alessandro Morente e sulla parete accanto, la
Madonna del Cardellino. Sempre di Raffaello, arrivano stavolta dagli Uffizi (sala 66), il Ritratto di Guidobaldo da Montefeltro e di Elisabetta Gonzaga. Ma nella sala ci sono anche la Porzia e la Visione di San Leonardo di Fra’ Bartolomeo e il San Giovanni Battista di Raffaello e bottega. Una piccola rivoluzione interessa pure la Galleria Palatina che, se ha perso i Doni, transitati nella notte attraverso il Corridoio Vasariano, nei prossimi giorni vedrà arrivare dagli Uffizi il Ritratto di uomo con mela, il Ritratto di papa Giulio II e, quando sarà completato il restauro, il Ritratto di papa Leone X di Raffaello, e ancora la Santa Maria Maddalena del Perugino, l’Adorazione del Bambino del Salviati e il Ritratto di uomo (Tommaso Mosti) di Tiziano.
In Galleria Palatina non cambierà il criterio espositivi come è accaduto agli Uffizi. Costato circa 200 mila euro offerti dagli Amici degli Uffizi qui modifica la percezione dei capi d’opera. La sala è grigia: «Una tonalità — spiega l’architetto Godoli — ottenuta con la giustapposizione di terre naturali di colore grigio, terra d’ombra, rosso e nero di vite». Le opere sono custodite in teche anti-riflesso che mantengono temperatura e umidità costante.
Incastonati a parete, come per i capi d’opera di Botticelli, sono il Tondo Doni, (forse l’unica opera a perdere un po’ in tridimensionalità), la Madonna del Cardellino, il Ritratto di Guidobaldo da Montefeltro e di Elisabetta Gonzaga. «L’elemento che mi sta più a cuore sottolineare — conclude Godoli — è che abbiamo riattivato le alette del lucernario. Ora possono essere spostate asseconda dell’ora del giorno per rendere più sensibile l’incidenza della luce naturale».
Godoli Abbiamo riattivato le alette del lucernario per enfatizzare la luce naturale