Amici della Musica «Una fondazione per i cento anni»
Il presidente Stefano Passigli: «Tra un anno l’associazione festeggerà cento anni Non ho successori, vorrei realizzare il progetto di una fondazione, altrimenti meglio chiudere»
«Non ho successori. E gli Amici della Musica, così come sono ora, non possono andare avanti a lungo». Alla vigilia della presentazione della stagione numero 99, Stefano Passigli è stanco: erede della cattedra di Sartori a Scienze Politiche, ex deputato, editore, da un quarto di secolo presidente dell’associazione fiore all’occhiello della musica cameristica fiorentina che la sua famiglia si tramanda di padre in figlio, di zio in nipote, fin dal cugino di suo nonno. A novembre compirà 80 anni.
Professor Passigli, vuole mollare?
«Voglio lasciare gli Amici in una nuova dimensione, più adatta ai tempi: creare una fondazione mista pubblico-privata che ci veda insieme agli enti locali, alla Regione e alla Fondazione Cassa di Risparmio».
Perché il pubblico dovrebbe venire in vostro soccorso?
«Perché la musica a Firenze è l’unica realtà rimasta centrale al netto di un declino generale: le case editrici muoiono, la mia facoltà è lontana parente di quella che è stata negli anni gloriosi, i grandi giornali sono scomparsi. È rimasta solo l’arte antica. E la musica. Con un’eccellenza gravata da debiti come il Maggio. E noi per la cameristica. Oltre alla Scuola di Fiesole per la formazione, l’Ort, il Gamo per la musica contemporanea, l’Homme Armé per quella antica».
Appunto, se lei dovesse convolare a nozze con il pubblico, gli altri potrebbero brontolare.
«Brontolino pure. Chi governa deve fare delle scelte e l’accesso alla grande cultura musicale internazionale passa da noi. Solo noi abbiamo rapporti privilegiati con i grandi nomi della musica mondiale».
Sta battendo cassa?
«No. Andrò da Comune e Regione e gli dirò: l’anno prossimo c’è il nostro centenario, cosa volete fare? Mandare al macero
La vecchia conduzione familiare non ha più senso e chi governa deve fare delle scelte Andrò da Comune e Regione e gli dirò: «Che volete fare? Mandare al macero una delle poche eccellenze rimaste in questa città?»
una delle poche eccellenze rimaste a Firenze?»
Vuole abdicare allora? «L’abdicazione è nelle cose naturali. Certamente gli Amici non possono più essere qualcosa che passa di Passigli in Passigli. Sarà molto difficile per un’istituzione pubblica dire no alla mia proposta».
E se rispondessero picche?
«Firenze deve decidere se ritiene la musica importante. La vecchia conduzione familiare non ha più senso: i Costa a Genova, i Buitoni a Perugia, tutti si stanno istituzionalizzando».
Si chiude un’epoca. «Altrimenti faccio il centenario e la chiudo io l’epoca, per forza. Magari faccio appello ai fiorentini».
Ma ci vorrebbero mille Ferragamo...
«Che non esistono. Magari ne bastano 50... Ma se domani muoio, gli Amici chiudono». Vuole andare in pensione? «Voglio continuare a occuparmi di politica ed editoria. Senza fondazione, si renderà necessario pensare a una successione per nulla facile. Se gli Amici non conservano la loro centralità, meglio chiudere». Perché teme ciò?
«Perché noto una diffusa errata percezione di cosa sono gli Amici: in città e soprattutto nelle istituzioni. Siamo noi a forni- re al Maggio le eccellenze che loro non sono più in grado di avere. Noi abbiamo i rapporti con gli artisti e i grandi festival. Cento anni pesano».
Per il centesimo compleanno, si aspetta un regalo?
«Mi aspetto che la città partecipi al nostro cambiamento».
I soldi pubblici non vi sono mai mancati.
«Dello Stato e dei privati non possiamo lamentarci, ma degli enti locali sì. L’Ort ricava affitti dal Verdi, al Maggio per quell’enorme spreco del nuovo teatro di cui non c’era bisogno, il Comune paga tutto. Se anche noi avessimo una sede pagata...».
Volevate andare alla Galleria Carnielo, che la Fondazione Zeffirelli rifiutò.
«Sarebbe perfetta per le nostre collaborazioni con l’Orchestra Giovanile Italiana ma occorrono 1 milione e 200 mila euro per renderla agibile. Il Comune deve attivare l’Art Bonus altrimenti nessuno potrà tirare fuori quella cifra».
Per ora siete alla Pergola. «Ma dal 2019 rimarrà solo la sala grande per i lavori che metteranno fuori uso il Saloncino. I cantieri alla Pergola ci metteranno in difficoltà».
Si rivolge ora alla politica locale perché ha paura che i «barbari» vincano le elezioni anche qui?
«Magari ai “barbari” la cultura piace, che ne sappiamo... Sono contrario ai loro programmi ma volevo che il Pd desse l’appoggio a un governo 5 Stelle. È stato un errore clamoroso metterli nelle braccia della Lega».
Si aspetta un aiuto dal nuovo governo giallo-verde?
«Non mi aspetto nulla, ma glielo chiedo. Urge una riforma che rompa quel cordone ombelicale per cui il sindaco è il presidente dell’ente lirico. Così si affama tutto il comparto musica. Il nuovo ministro della cultura Alberto Bonisoli deve decidersi a intervenire, ma nessuno lo conosce, dal suo curriculum so solo che ha un passato nel design e nella moda».
Ma la sua area politica di riferimento è il centro-sinistra.
«I governi Pd hanno portato una grande innovazione nel campo dei musei e per il cinema. Ma è mancata la riforma dello spettacolo dal vivo».
Potrebbero accusarla di salire sul carro del vincitore.
«Non è questione di carri, ma mi aspetto che il cambiamento continui».
Perché i Cinque Stelle sono i paladini dell’anti spreco?
«Non ci sono sprechi, ma è necessario allocare diversamente le risorse: non voglio togliere qualcosa al Maggio ma affrontare il problema magari mettendo le orchestre sul mercato, senza contratti nazionali. E interventi strutturali sugli entri lirici: non basta ripianare debiti che poi rifarebbero».
I prossimi cantieri alla Pergola ci metteranno in difficoltà, la Galleria Carnielo sarebbe perfetta per il futuro ma bisognerebbe attivare l’Art Bonus Dello Stato e dei privati non mi lamento, degli enti locali sì