DEHORS PUNTO E A CAPO DOPO IL DISASTRO DI PIAZZA DELLA REPUBBLICA
per tutelare il valore di queste strutture, non solo dal punto di vista economico e della creazione di posti di lavoro, ma anche come luoghi di socialità e presidi per strade e piazze». Ma, intanto, nonostante l’intento di «alleggerire» il piano delle tipologie, con l’eliminazione da alcuni luoghi di quella più impattante (la D), cioè quella composta da pedana e ringhiera con struttura chiusa su più lati e copertura stabile, in Piazza della Repubblica tale tipologia è stata consentita e mantenuta. Un altro aspetto problematico di tutta l’operazione dehors risiede proprio nell’avere voluto, in primo luogo omologare tipologie «rigide» da adottare secondo la posizione all’interno del Centro Storico Unesco.
Basta confrontare le foto di Piazza della Repubblica, com’era prima e com’è oggi, per capire l’insostenibile pesantezza di questa realtà. Infatti, lungo il lato Nord e lungo il lato Sud sono state realizzate piattaforme rialzate, con ringhiera, interamente coperte e vetrate (anche apribili), che assomigliano moltissimo a pedane di autoscontri, che, quasi senza soluzione di continuità, nella percezione «scorciata», prospettica, appaiono in tutta la loro massiccia invasività e, di fatto, impediscono la visione corretta di quei lati della piazza, caratterizzati da arcate ricorrenti e da insegne prestigiose in oro zecchino, come quelle storiche del Caffè Gilli, del Caffè Concerto Paszkowski, del Caffè Letterario Le Giubbe Rosse, del Caffè Donnini.
Gli avventori sono visti dai passanti, che attraversano la piazza, come reclusi al sole in teche di vetro o turisti in vetrina, senza un fiore, né piante verdi: il trionfo della freddezza. In particolare, se osserviamo com’era l’angolo di Gilli e lo si confronta con l’attualità, il cuore ha una stretta. Ma è, inoltre, doveroso, fare un’altra considerazione, a mio avviso di grande rilevanza, circa il «contenimento» del fenomeno dehors, entro proporzioni sostenibili, sotto tutti i profili, da quello giuridico amministrativo a quello estetico culturale. La parola francese Dehors non è affatto un nome di cosa, bensì un avverbio di luogo che indica «uno spazio all’aperto fornito di tavolini, caratteristico di bar e di ristoranti». Dovrebbe trattarsi di uno spazio annesso al vero e proprio locale costruito, quale appendice e completamento. Va da sé, di conseguenza, che l’ampiezza del dehors dovrebbe, a rigor di logica (e di buon senso), essere minore (o al massimo uguale) rispetto alla superficie interna del locale in muratura. A Firenze, invece, in Piazza della Repubblica, i dehors realizzati hanno una superficie adibita a sala caffè/ristorante maggiore di quella interna, venendo quasi a configurare una sorta di «ampliamento», vero e proprio, rispetto all’esistente, snaturando completamente il significato e la funzione per cui dovrebbero essere realizzati. E qui è il punto. Tali strutture, «appoggiate» sul suolo pubblico, in realtà costituiscono manufatti architettonici a tutti gli effetti, essendo stabilmente costruiti, con copertura, in metallo e cristallo, durevoli nel tempo, chiudibili interamente su tutti i lati (in gergo si dice che «cubano»). Ma questo fatto configura, secondo ampia giurisprudenza, una vera e propria volumetria edilizia ed «esclude, nel caso dei dehors, la precarietà strutturale e funzionale, dato che siffatte strutture non rispondono ad esigenze temporanee, ma sono stabilmente legate al perdurante esercizio dell’attività commerciale, il che determina anche l’irrilevanza della loro smontabilità: conseguentemente, è necessario il preventivo rilascio del permesso di costruire». E dunque, dal momento che in Piazza della Repubblica siamo nel luogo centrale per eccellenza dell’antica Firenze (il castrum romano delle origini), è vietata qualsiasi costruzione. La qualcosa pone più di qualche ragionevole dubbio.
Lasciando il lettore libero di formarsi la propria personale opinione, concludo dicendo che, forse, se l’Amministrazione comunale, di concerto con la Soprintendenza, abrogasse quella omologazione rigida a schematica di tipologie di dehors, stabilendo in maniera più coerente dimensioni e proporzioni rispetto al contesto storico specifico, riportando il verde ed i fiori, chiamando a raccolta la libera espressione dell’ingegno creativo fiorentino, credo che forse potremmo ridare a Firenze un aspetto più dignitoso e più bello.