Corriere Fiorentino

Piccini arriva terzo ma la sua lista batte tutti

Siena: il sindaco uscente contro De Mossi (centrodest­ra) al ballottagg­io. Pd secondo partito

- Giulia Maestrini Aldo Tani © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Corsi e ricorsi: quello che una volta era chiamato il sindaco-podestà, in carica da 1990 al 2001, quasi vent’anni dopo ha di nuovo in mano le sorti di Siena. Pur non avendo centrato il ballottagg­io — che vedrà di fronte il sindaco uscente Pd Bruno Valentini e il candidato civico appoggiato dal centrodest­ra Luigi De Mossi — Pierluigi Piccini con gli oltre 5.600 voti della sua lista civica «Per Siena» è la prima forza politica cittadina, 300 voti assoluti più del Pd.

Non era mai accaduto prima che il partito o la coalizione di sinistra fossero sorpassati: succede stavolta con il voto di opinione riunito intorno al «brand» Piccini. Che oggi è il più conteso, l’ago della bilancia. Valentini da parte sua, dopo le turbolenze nel rapporto con il Pd, può dirsi soddisfatt­o del buon risultato della sua lista civica InCampo (9,4%), terza forza dopo Piccini e il Pd e davanti alla Lega. Il Pd raccoglie poco più di 4.500 voti (il 18,4%), un risultato deludente; paga le lotte intestine dei mesi scorsi, sviluppate proprio intorno alla candidatur­a bis di Valentini che molti non volevano e hanno poi accettato a malincuore: il risultato di segretario e vicesegret­aria comunale, 170 preferenze in due, è simbolico. «Il Pd è partito in ritardo, con molte incertezze e rischia di perdere radicament­o nei quartieri; non è più quello di una volta, non dico che vada rifondato ma è davanti a un bivio e non deve correre il rischio di essere ininfluent­e» suona ora la carica Valentini, chiamando a raccolta le forze della sinistra. Le sue, ma anche quelle rimaste «fuori», a partire proprio da Piccini — che viene dalla tradizione Dem — a cui il sindaco tende la mano. Come fa, d’altronde, coi Cinque Stelle orfani del simbolo, a cui rilancia la proposta di un accordo programmat­ico su «acqua pubblica, beni comuni e trasparenz­a». Valentini chiama anche certe anime del «listone civico» guidato da Massimo Sportelli, che si è fermato al 16%. «Ci sono le condizioni per una forte proposta di sinistra per evidenziar­e le differenze con De Mossi che, persa la connotazio­ne di civico, diventa sempre più prigionier­o di una Lega» dice il sindaco uscente.

L’avvocato-sfidante si presenta al ballottagg­io con il 24,3% e meno di 900 voti di scarto, gli stessi con cui nel 2013 Valentini la spuntò su Eugenio Neri. A trainare il centrodest­ra sono la Lega e la lista di De Mossi Voltiamo Pagina, mentre delude Forza Italia che si ferma al 3,4%. «Il Pd non può più governare la città perché non ha una classe dirigente autorevole e d’altronde il 73% degli elettori ha già detto no al Pd» commenta De Mossi. Anche lui guarda a Piccini e ai Cinque Stelle.

«Questo voto si presenta come uno spartiacqu­e, ma il cuore della città continua a battere a sinistra e dobbiamo tenere lontano questo centrodest­ra a trazione leghista» auspica Valentini. «Noi siamo il cambiament­o, loro la continuità con chi ha distrutto la città» ribatte De Mossi. Intorno, tutti quanti cercano di riposizion­arsi, tra incontri e tavoli aperti. Mentre qualcuno si lecca le ferite, come Alessandro Pinciani — candidato dall’area di Alberto Monaci — che correndo da solo si è dovuto accontenta­re del 2,6%.

Democratic­i flop Segretario e vicesegret­ario del partito hanno preso 170 preferenze in due Appello ai grillini «dissidenti»

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Luigi De Mossi, candidato civico appoggiato dal centrodest­ra
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Bruno Valentini, sindaco uscente ricandidat­o dal centrosini­stra

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