Corriere Fiorentino

Innocenti, Sarra

È morto a Careggi il ragazzo travolto durante l’inseguimen­to fra i rom

- Simone Innocenti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Non ce l’ha fatta Duccio Dini, il ragazzo fiorentino di 29 anni investito domenica alle 12,20 mentre era fermo col suo scooter al semaforo fra via Canova e via Simone Martini. È morto, dopo essere stato travolto da una una Volvo 960 guidata da Amet Remzi sul quale viaggiava anche Mustafa Dehran, poi arrestati. Un’utilitaria, poi sequestrat­a, che non è coperta da alcuna assicurazi­one, stando almeno ai primi accertamen­ti dei carabinier­i, coordinati dal sostituto procurator­e Tommaso Coletta.

Ieri mattina la Procura ha conferito l’incarico al medico legale e ha iscritto sul registro degli indagati tre rom: Amet Renzi, 65 anni e il passeggero macedone Mustafa Dehran, 29 anni, oltre al macedone Antonio Mustafa, 44 anni, che guidava la Lancia e che resta a piede libero. Per loro l’accusa è concorso in omicidio volontario con dolo eventuale. Esce, almeno per il momento, dall’inchiesta Bajram Rufat, 43 anni, il macedone che stava scappando e che risulta vivere in un alloggio popolare in via Simone Martini. Ha riportato 30 giorni di prodieci gnosi dopo che la sua auto — una volta speronata — è finita fuori strada e ha preso fuoco.

La morte di Duccio Dini, un ragazzo molto amato e conosciuto in città, è l’epilogo di un qualcosa che non è frutto di un caso. Quello che infatti è accaduto domenica mattina all’Esselunga di via Canova non è stato un episodio estemporan­eo. Gli inquirenti parlano di «un vero e proprio agguato» per vendicarsi contro Rufat. Dalle dichiarazi­oni raccolte dai carabinier­i e dal pm Coletta risulta che venerdì scorso nel campo rom del Poderaccio ci sarebbe stata una discussion­e tra Rufat e Remzi, aggredito poi con un pugno al volto dopo averlo accusato di continue intromissi­oni nella sua vita familiare. Sembrava finita lì e invece domenica mattina è nata la spedizione punitiva.

Secondo quanto ricostruit­o dai carabinier­i del Comando provincial­e, diretti dal colonnello Giuseppe De Liso, da tempo il 43 enne si lamentava dell’invadenza dei parenti della moglie nella loro vita familiare. Le discussion­i sarebbero diventate sempre più aspre. Quando Rufat è arrivato a minacciare di lasciare la moglie se il comportame­nto dei familiari non fosse mutato, ne è nata un’accesa discussion­e, nel corso della quale l’uomo avrebbe colpito il suocero con un pugno al volto.

Domenica mattina — secondo una prima ipotesi degli inquirenti — sarebbe stato messo in atto il piano di vendetta. Il suocero e altri familiari avrebbero deciso di attenderlo nel parcheggio del centro commercial­e di via Canova, dove si trova il bar che Rufat frequenta abitualmen­te. Alle 12,20 alcuni testimoni hanno raccontato di due auto che, nel parcheggio dell’Esselunga, si urtavano, anche a marcia indietro, tra altre vetture parcheggia­te e alcuni clienti del supermerca­to: un fiorentino di 26 anni è stato colpito da uno dei due mezzi, riportando sette giorni di prognosi.

Alla fine Rufat, a bordo di una Opel Zafira, riesce a scappare e viene inseguito dalle altre due vetture fino alla carambola all’altezza di via Martini. Durante l’inseguimen­to le auto si speronano. I carabinier­i, che hanno acquisito anche le immagini delle telecamere di sorveglian­za, stabilisco­no che Rufat viene inseguito da una Lancia. Dietro le prime due vetture si lancia anche una Volvo 960, condotta da Remzi (padre del conducente della Lybra) e con a bordo il nipote. Le auto rischiano di investire una persona a bordo di uno scooter che si scansa per miracolo. All’altezza dell’incrocio con via Simone Martini la Volvo urta la Zafira mandandola fuori strada: il mezzo carambola nella corsia opposta, si incendia ma il conducente riesce a scappare. La Volvo ruota su se stessa andando a impattare con violenza contro una Hyundai IX20 e uno scooter Honda SH125, fermi al semaforo, e contro una Volvo V40 che aveva appena svoltato da via Martini immettendo­si in via Canova. Sullo scooter c’è Duccio Dini, che sta andando al lavoro: il suo corpo viene trovato a metri di distanza rispetto all’urto. Per gli inquirenti il casco di Duccio si «sgancia in volo». È a terra quando viene soccorso.

Il passeggero della Volvo intanto scende dal mezzo, dopo l’impatto, armato di una mazza da baseball per cercare di andare ad aggredire il conducente della Opel Zafira. È una donna, una rom, a dire ai carabinier­i — che in quel momento stanno pattuglian­do la zona e intervengo­no subito sul luogo della tragedia —

Accusati di omicidio

Quattro i nomadi protagonis­ti della carambola fra auto che ha ucciso il giovane. Due agli arresti, uno in ospedale

Due famiglie contro

La lite nei giorni scorsi, poi la caccia all’uomo partita in via Canova. L’auto dello scontro era senza assicurazi­one

che Rufat è armato di pistola e ha sparato dei colpi in aria.

I carabinier­i, a quel punto, portano quattro persone in caserma che vengono ascoltate dal pm Coletta. Per due di loro scatta l’arresto. I carabinier­i cercano le armi in zona anche con i cani antiesplos­ivo, ma nessuna pistola viene rinvenuta nella zona dell’Isolotto. Probabilme­nte quei colpi sono stati scambiati per gli urti tra macchine. E con l’urto mortale che ha colpito Duccio Dini, che ha avuto l’unica «colpa» di essere al posto sbagliato nel momento sbagliato.

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Duccio Dini, 29 anni
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A sinistra i rilievi dei carabinier­i all’incrocio fra via Canova e via Simone Martini dove è stato travolto Duccio Dini (nella foto sopra) che era fermo al semaforo sul suo scooter quando è stato travolto. A terra c’è ancora il casco
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