Gli incastri del triangolo senese (col rischio del sindaco ombra)
I progetti di Valentini e De Mossi a confronto con le idee di Piccini. Lui: no a intese sottobanco
Il triangolo chissà se Siena l’aveva considerato: di certo tra i due «litiganti» — Bruno Valentini e Luigi De Mossi che si sfideranno al ballottaggio per conquistare Palazzo Pubblico — quello che decide sarà il terzo, Pierluigi Piccini. Perché se è vero che al secondo turno i voti vanno riconquistati uno per uno, è altrettanto vero che il sindaco uscente Bruno Valentini (Pd e lista civica «InCampo») riparte da poco più di 7.200, Luigi De Mossi (civico con l’appoggio del centrodestra) da 6.400: nel 2013 ne servirono 12 mila a Valentini per aggiudicarsi il primo mandato, stavolta — se il trend dell’astensione sarà confermato — potrebbero bastarne 10 mila ma ne mancano comunque parecchi.
Il «pacchetto» conquistato dal quarto classificato Massimo Sportelli (4.200 voti) si sparpaglierà probabilmente senza una regia: le sue cinque liste civiche raccolgono tante anime diverse, verosimilmente ognuno riprenderà la strada da cui era venuto. Ecco dunque che i 5.600 voti di Piccini fanno gola. «Non mi presterò ad accordi sottobanco per spartire poltrone e assessorati, qualsiasi ragionamento sul secondo turno dovrà passare dalla condivisione dei nostri punti programmatici» ha messo le mani avanti l’ex sindaco. Pronto a intavolare con entrambi i candidati dei confronti che, assicurano dal suo staff, saranno pubblici. Valentini ha già aperto la porta «con l’obiettivo di dare vita a un fronte democratico e progressista» e il Pd chiama la città a fare «da argine a questa destra reazionaria e senza idee che vede Siena solo come un trofeo per i suoi appetiti nazionali». De Mossi, dal canto suo, apre anche lui all’ex sindaco ma le parole d’ordine restano le stesse, «un cambiamento netto e radicale che mandi a casa il Pd». Come andrà a finire?
Ieri è stato il giorno delle riunioni interne per definire la rotta in questa sorta di consultazioni e, forse, smussare gli angoli tra i leader che, nei mesi passati, hanno speso l’un l’altro parole non proprio affettuose. Sono diversi e hanno visioni diverse, lo dimostrano le prime righe dei loro programmi elettorali: Valentini rivendica il buono fatto durante i cinque anni di governo («Nell’ultima classifica sulla qualità della vita del Sole 24 Ore Siena è la prima città toscana»), De Mossi rimarca subito la voglia di discontinuità («Porteremo avanti un radicale cambiamento nella classe dirigente»). Piccini allarga lo sguardo: cita Ambrogio Lorenzetti, parla di «far tornare Siena di nuovo grande» e di «restituire il prestigio perduto». Sembra solo uno slogan ma sarà probabilmente il perno su cui ruoteranno i possibili accordi: il suo obiettivo è di riportare la città a una centralità che negli anni si è ammorbidita, ripescandola dalla periferia in cui rischia di essere relegata da Roma e Firenze. Cosa fare è un altro discorso. Piccini e Valentini sono accomunati dalla provenienza democratica e anche dalla centralità di temi come cultura, turismo, inclusione sociale, alta formazione (anche se, nel particolare, alcune visioni sembrano parecchio diverse, basta pensare a quanto Piccini abbia criticato la nuova gestione del Santa Maria della Scala). Per Piccini forse potrebbe essere più semplice mettere in atto ragionamenti di area vasta con De Mossi, viste le vicine amministrazioni di centrodestra ad Arezzo e Grosseto.
In entrambi i casi, tuttavia, sulla strada dell’apparentamento ufficiale potrebbe esserci un ostacolo: per il sindaco vincitore Piccini potrebbe diventare una sorta di ingombrante «sindaco ombra», visto che la sua lista «Per Siena» sarebbe la forza politica con più eletti in Consiglio comunale.
Scenari
Con l’apparentamento la lista «Per Siena» diventerebbe la prima forza in Consiglio