SE TUTTO CAMBIA (POTERE E VALORI)
La vittoria del centrodestra a trazione leghista a Pisa, a Siena e a Massa per il Pd è ben più di una sconfitta storica. Significa che in Toscana niente sarà più come prima nella percezione comune e nei rapporti di forza che per oltre mezzo secolo sono sempre stati imperniati sullo strapotere della sinistra. Tramonta un sistema di governo ed è travolta anche la tradizionale cultura politica della regione. Non perché improvvisamente si siano radicati tra gli elettori toscani i valori profondi di quella destra di governo che l’Italia non ha mai avuto dall’Ottocento in poi, quanto piuttosto perché si sono ormai eclissati i temi forti di una sinistra che ormai perde quasi tutte le partite, chiunque ci sia al timone e con qualsiasi candidatura. E nel deserto delle idee che ha accompagnato la fine della leadership di Matteo Renzi, viene da domandarsi se la risposta all’ondata leghista e alle suggestioni dei Cinque Stelle possa essere una ricostruzione radicale di tutta l’area di centrosinistra, con uomini e progetti nuovi, o se invece sia il mondo cattolico a essere chiamato a ridare una prospettiva diversa, con una politica che non sia declamazione o pura esasperazione, ma realistica traduzione in atti di governo di principii forti ispirati all’umanesimo cristiano. E il dubbio viene a maggior ragione a Firenze, dove La Pira incarnò la politica come servizio e tratteggiò la «città sul monte» come fonte di ispirazione davanti ai drammi della contemporaneità. Una visione alta unita alla capacità di stare in mezzo ai cittadini e ai loro problemi, come ha chiesto anche il cardinale Betori nell’omelia di San Giovanni. Senza doppiezze e astuzie, anche sull’immigrazione (l’arcivescovo di Firenze ha detto no alla politica delle chiusure anche se «ci sono ovviamente dei limiti connessi alla misura delle risorse di cui si dispone»). Vedremo quale scenario potrà aprirsi. Intanto incalzano tre questioni, più legate al breve periodo. 1) Il centrodestra vincitore adesso non deve più prevalere nelle urne, ma dare prova di competenza nel governo delle città.
Perché è su questo che si giocherà la sfida delle Regionali, fra due anni. Non solo e non tanto sulle esuberanti esternazioni della sindaca di Cascina Ceccardi. 2) Il Pd e il governatore Rossi dovranno decidere una buona volta come procedere in Regione negli ultimi due anni di legislatura: far finta di nulla sarebbe un suicidio annunciato. Così come il Pd regionale dovrà decidere quale linea tenere in vista del congresso nazionale (dopo la disastrosa gestione di Parrini e C.). I risultati di queste Comunali hanno fatto emergere definitivamente la pochezza e la miopia delle faide che hanno scosso il Pd e anche la sinistra «dura e pura» negli ultimi anni. 3) Il sindaco di Firenze Nardella, deciso a riottenere la fiducia dei fiorentini alle elezioni del 2019, dovrà guardarsi da eccessi di ottimismo, legati alla sua resistente popolarità. Nardella parla di un «modello Firenze» che funziona. Ma il modello quale sarebbe? Di certo ci sono tre fronti caldissimi per Palazzo Vecchio: trasporti, degrado, rendita. Gli intoppi delle nuove tramvie possono essere un segnale. E a poco serviranno risposte di maniera e sottovalutazioni.