LE LAPIDI ANTI DEGRADO DEI GRANDUCHI: E SE NOI LI COPIASSIMO?
Caro direttore, la grave questione del degrado che, a Firenze, circonda numerosi luoghi di culto è stata ben sottolineata dal cardinale Giuseppe Betori in una recente omelia. Talvolta la storia ci offre motivi di riflessione ed è davvero interessante ricordare i drastici provvedimenti decisi in proposito dall’autorità medicea, non per giungere oggi a simili realtà, ma per richiamare l’attenzione su di un problema incombente, come ha ricordato il professore Giovanni Cipriani in una recente conversazione qui, a Santo Spirito.
I Granduchi di Toscana curarono sempre il decoro di chiese e conventi, emanando precise disposizioni di polizia, in modo da evitare comportamenti scorretti o l’accumulo di rifiuti presso i sacri edifici. Soprattutto nel Seicento, per l’accresciuto numero dei poveri e dei mendicanti, si provvide ad affiggere, nei vari luoghi, lapidi con le norme prescritte e con la precisa indicazione delle pene a cui chiunque sarebbe andato incontro in caso di trasgressione. Ogni lapide portava in alto la chiara indicazione degli Otto, la magistratura fiorentina responsabile dell’ordine pubblico. Nel caso di Santo Spirito si vietarono nella piazza giochi rumorosi ed una interessante epigrafe ancora si può leggere al numero civico 20:
I SIGNORI OTTO PROIBISCANO/ IL GIOCHO DELLE PALLOTTOLE/IN TUTTA QUESTA PIAZZA/ SOTTO PENA DI SCUDI DIECI/ A CHI CONTRAFARA’ / EL BANDO 1639
In questo caso la pena pecuniaria era molto elevata, di gran lunga superiore al salario mensile di un lavorante, per scoraggiare, nel modo più deciso, ogni infrazione.
Ben più grave era sporcare, o fare bisogni corporali attorno alla Chiesa di Santo Spirito. Due lapidi, di identico tenore, furono infatti affisse sul lato destro dell’edificio, in Via del Presto di S. Martino:
LI SIGNORI OTTO/ PROHIBISCONO FARCI/ BRUTTURE SOTTO/PENA DI DUA TRATTI/DI FUNE CATTURA/ET ARBITRIO
Il questo caso la pena era corporale e dolorosa, due tratti di fune, ma si aggiungeva l’arresto e l’arbitrio del magistrato competente di ag- giungere ciò che avesse ritenuto opportuno. Terribili i tratti di fune. Al reo venivano strettamente legate le braccia dietro la schiena. Si passava poi una lunga corda e la si faceva scorrere su di una carrucola posta il alto, sollevando il condannato con le braccia rivolte all’indietro. L’articolazione impediva il movimento, causando la torsione dei legamenti ed un forte dolore. Il condannato veniva sollevato una volta, un tratto di fune e, giunto a terra, nuovamente sollevato, due tratti di fune.
L’arbitrio del magistrato spesso consisteva nel far aggiungere peso al reo, soprattutto se di fisico gracile. Ai piedi venivano così legati pesi di 10, 20, 30, 40 libbre accrescendo, così, il tormento. Nel caso di Santo Spirito le lapidi sono ancora leggibili e costituiscono una preziosa testimonianza. Ovviamente l’obiettivo di questa lettera non è quello di un desiderio di voler recuperare certi sistemi (lungi da me!)… anche perché renderei subito vana ogni tipo di intenzione per raggiungere lo scopo, ma per porre una domanda: forse in passato c’era più attenzione verso il combattimento del degrado e desiderio di rispetto per il bene comune, sia esso sacro o no?
*Priore di Santo Spirito