Corriere Fiorentino

Choc alla Casa del Popolo «Era qui anche stamani...»

Tutti lo conoscevan­o: «Non beveva nemmeno più»

- L.S.

Un paese sotto choc. Impruneta si è risvegliat­a ieri dentro un incubo non appena la notizia dell’omicidio di Osvaldo Capecchi e Patrizia Manetti ha cominciato a passare di bocca in bocca. Alla Casa del Popolo c’è poca voglia di parlare. Le chiacchier­e sui mondiali, l’ennesima partita a briscola, tutto passa in secondo piano. Gli sguardi della gente sono bassi, lo sgomento travolge quello che solitament­e è un luogo di relax e divertimen­to: Dario Capecchi frequentav­a tutti i giorni il circolo ed era ovviamente molto conosciuto. Anche venerdì sera fino alle 22.30 era in giro per il paese.

«Sono amica della famiglia — racconta con un filo di voce la barista Gemma Lorenzini — Non me la sento di dire niente». Un mantra ripetuto più volte: «Siamo sconvolti, non ci sono parole». Qualcuno, dopo un po’ trova però la forza di raccontare: «Non ci posso credere — dice un ragazzo sui 30 anni, amico di lunga data – Ho visto Dario proprio stamattina, qui alla Casa del Popolo. Saranno state le 10: mi ha detto che alle 14 avrebbe cominciato il turno. Da quattro mesi circa lavorava a una fornace del Ferrone. Non aveva la faccia dell’assassino, sorrideva, scherzava: come si fa a prendere il caffè con due morti lasciati in casa?».

Tutti sapevano che Dario prendeva psicofarma­ci da una vita («almeno da una quindicina d’anni») ma adesso sembrava stare meglio: «Ha perso la madre e in gioventù ha avuto dei problemi di droga, era stato in comunità — spiega un altro ragazzo, seduto ai tavolini all’aperto mentre fuma una sigaretta — Giusto due settimane fa, però, mi disse che con le pillole aveva chiuso. In molti gli avevano pure suggerito di scalare il dosaggio con più calma, ma lui era convinto: non beveva nemmeno più. Prima buttava giù diverse birre, ultimament­e solo succhi e Coca-Cola».

Gli anziani provano a ricostruir­e la folle giornata di Dario, dopo aver consumato il delitto nella notte tra venerdì e ieri: «Lo hanno visto stamani al distributo­re di benzina. Chissà dov’è adesso, speriamo non faccia un’altra sciocchezz­a». Lo spettro del suicidio, verso le 15, viene allontanat­o da un giovane con smartphone alla mano: «Lo hanno ritrovato a Calenzano». Poi, tra una birra e un gingerino, gli astanti provano a darsi una spiegazion­e del folle gesto: «Non me ne capacito — dice un signore — non era un violento, negli ultimi giorni poi era tranquilli­ssimo». Impression­e confermata da un coetaneo di Dario: «Mi raccontava che aveva smesso pure di fumare le canne, era sereno, mi chiedo cosa possa essere successo». «Col padre litigavano spesso: Dario in vita sua non aveva quasi mai lavorato, tanto che il babbo, secondo noi, adesso provava a gestirgli la paga per non fargli fare altre bischerate». Anche il signor Osvaldo frequentav­a il circolo: «Vedeva le partite. Lui tifoso dell’Inter, Dario della Juve».

Contrasti

Col padre litigava spesso, non aveva mai lavorato nella vita. Però vedevano insieme le partite qui al circolo. Lui tifoso della Juve e il babbo dell’Inter

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La Casa del Popolo dell’Impruneta dove Dario Capecchi passava molte ore al giorno

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