Confessioni da giurista, tra codici e scappatelle
«Dieci novembre 1606: confessai con Fra Lamberto ventuna fornicazione. Baci. Bodin. Il Machiavello. Le scritture di Venezia». Girolamo da Sommaia, fiorentino a Salamanca, dove studiò utroque iure, ossia diritto civile e canonico, ha lasciato un diario preciso, studiatissimo dagli esperti del Siglo de Oro, dove segna con acribia ogni somma che spende, tutti i divertimenti (specialmente il teatro di cui è appassionato), offrendo uno spaccato prezioso di usi e costumi della città, nel tempo in cui vi dimorò dal 1599 al 1607. Il testo, conservato alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, venne edito a cura di George Haley nel 1977. Tra le voci sono curiose quelle delle confessioni, in cui intense pratiche sessuali si uniscono a letture di libri proibiti. Tornato a casa, divenne provveditore agli studi a Pisa, portò con sé una gran provvista di codici spagnoli, una parte dei quali si trova ancora alla Biblioteca Nazionale, dimostrando, come era nel gusto del tempo, una gran passione per i proverbi e i libri di trattatistica morale. La comunità spagnola a Firenze fiorì dopo l’arrivo sul trono di Eleonora di Toledo, si incentivarono gli scambi: Alessandro Adimari tradusse i Proverbios morales di Alonso de Barros, Lorenzo Franciosini firmò una precoce versione del Don Chisciotte. Di questa rete di contatti ben scrive la studiosa Salomé Vuelta García, in un ampio saggio nel volume da lei curato con Michela Graziani per Olschki, dal titolo Incontri poetici e teatrali tra Italia e penisola iberica.