Corriere Fiorentino

VACANZE ROMANE

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Non c’era bisogno del voto di domenica scorsa per capire che è il momento del centrodest­ra (a guida leghista) anche in Toscana e che la rossa Toscana non esiste più. Un’occhiata in questi anni alle numerose sconfitte del Pd, erede della tradiziona­le subcultura rossa ormai defunta, sarebbe stata più che sufficient­e. D’altronde, il politologo Mario Caciagli lo spiega da dieci anni e nella sua recente monografia di quasi 400 pagine pubblicata nel 2017, Addio

alla provincia rossa (Carocci), «le istituzion­i della cultura regionale, dalle case del popolo alle Feste dell’Unità, persero lentamente la loro funzione di trasmissio­ne della comunicazi­one politica. La subcultura rossa era un edificio in disordine, quando vi si abbatteron­o il crollo del sistema sovietico e il dissolvime­nto del Pci. L’agonia è durata a lungo, mascherata dai vari nomi dati ai partiti che sono successi al Pci e da alcune abili scelte di alleanze, in specie a livello locale. Ma il consenso elettorale copriva un involucro dentro al quale la cultura delle regioni rosse stava scomparend­o». Insomma, prima vanno in crisi i riti e le tradizioni, poi va in crisi il consenso politico se i partiti che ereditano una certa tradizione non sanno come gestirla o rinnovarla o reinvestir­la.

Per quanto prevedibil­i certi eventi restano clamorosi. Come le sconfitte a Pisa e Siena. Ma ancora più clamorosa, vista l’entità della cenciata, è l’analisi del giorno dopo. «Il Pd ha perso anche senza Matteo

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