Morte di Duccio, nuovi arresti «Commando pronto a uccidere»
Blitz dei carabinieri, in manette altri 4 rom protagonisti del folle inseguimento in via Canova
Il 29 enne Duccio Dini, morto dopo essere stato travolto il 10 giugno scorso nel corso di un inseguimento tra auto a Firenze, è stato vittima di «un commando, partito per uccidere una persona e che alla fine ne ha uccisa un’altra», dice senza tanti giri di parole il procuratore capo Giuseppe Creazzo. Poche frasi che centrano il senso di un’inchiesta, quella nata dopo l’inseguimento in viale Canova, quella che ha impegnato i carabinieri della Compagnia di Oltrarno e i carabinieri del Nucleo investigativo coordinati dal sostituto procuratore Tommaso Coletta, un pm molto noto per durezza e acume investigativo.
Dopo l’arresto del 65enne Remzi Amet e del 36enne Dehran Mustafa — due degli inseguitori bloccati in flagranza subito dopo il fatto — a Sollicciano sono finiti altri rom. In manette sono finiti i conducenti di due delle vetture impegnate nell’inseguimento: il figlio di Remzi Amet, Antonio Mustafa, e il nipote Remzi Mustafa. Entrambi sono accusati di omicidio volontario per la morte di Duccio Dini e di tentato omicidio nei confronti di Bajram Rufat, 43 anni, cognato di Remzi Amet, contro il quale avevano organizzato la spedizione punitiva.
Arrestate per tentato omicidio anche i due uomini a bordo di un furgone, il figlio di Remzi Kole Amet e il cognato Emin Gani, che hanno partecipato solo alle fasi iniziali dell’inseguimento: la foratura di uno pneumatico li avrebbe bloccati.
Erano a bordo di auto sprovviste di assicurazione che sfrecciavano sui viali a oltre 100 km all’ora, dicono gli accertamenti dei carabinieri che si basano su un’analisi approfondita delle telecamere di sicurezza. Ma anche sugli interrogatori: c’è infatti chi ha raccontato che il bastone non era impugnato da uno degli indagati per uccidere Bajram Rufat, ma perché qualcuno praticava il baseball. Bugie, secondo gli inquirenti.
È «praticamente certo» che i quattro rom arrestati, se lasciati in libertà «possano commettere dei reati della medesima indole, ritentando addirittura di uccidere» il 43 enne oggetto della spedizione punitiva, scrive il gip Angelo Antonio Pezzuti, motivando la scelta di sottoporre gli indagati alla misura della custodia cautelare in carcere lunga 34 pagine dove vengono ricostruiti i ruoli di tutti. Agli atti anche le minacce giunte sul cellulare del 43 enne rom alcuni giorni prima della spedizione punitiva contro di lui: «Io ti ammazzo», «dove sei? Sei morto stasera, esci fuori, combattiamo come maschi, io sono qui sotto casa tua».
Ora la Procura intende capire se una settima figura — una donna, parente di uno degli indagati — ha avuto a che fare con questa storia più del dovuto. Agli atti, ad esempio, risulta che fu lei a provare a portare via la mazza da baseball dal luogo della tragedia.
Rufat Bahjram, durante l’interrogatorio, ha detto che dopo l’incidente lo volevano «bloccare finché quegli altri non vengono ad ammazzarmi perché da alcuni giorni mi dicevano che volevano uccidermi». Lui non è morto, ma Duccio Dini, che stava andando al lavoro, invece è rimasto vittima. «Senza la pacatezza della famiglia di questo giovane risultati così rapidi non sarebbero mai stati ottenuti», dice ora il pm Coletta.
Nel frattempo il centrodestra chiede durezza per i 4 arrestati: il ministro dell’Interno Matteo Salvini, che si complimenta coi carabinieri, dice: «I quattro devono marcire in galera». Giorgia Meloni di Fdi parla di «tolleranza zero per queste belve e certezza della pena». Deborah Bergamini di Forza Italia chiede «pene esemplari, via le case popolari ai 4 arrestati». «Salvini smetta di fare becera propaganda, e invece di farsi selfie, bagni in piscina e dirette social, invece parli con le istituzioni», dice David Ermini del Pd. «Basta slogan, lavoriamo insieme», sostiene l’assessore regionale all’immigrazione Vittorio Bugli. Il sindaco Dario Nardella si complimenta con le forze dell’ordine.
Sono delinquenti che devono marcire in galera, chi sbaglia paga Tornerò presto a Firenze