«Per punire qualcuno si finirà col bloccare chi investe dall’estero»
Il Decreto dignità, secondo Confindustria, potrebbe scoraggiare gli investimenti stranieri che invece sia la Regione che le stesse strutture governative si impegnano per attrarre. Proprio a margine della prima tappa del tour italiano «attrazione investimenti», organizzata da Palazzo Strozzi Sacrati in collaborazione con il tavolo Stato-Regioni di cui fanno parte anche ministero dello Sviluppo e Istituto del commercio estero (Ice), il vicepresidente di Confindustria Firenze e manager di Thales Italia Fabrizio Monsani ha detto che il decreto, con le sue prescrizioni per le multinazionali che investono in Italia, «è un elemento che crea più preoccupazione nell’investitore: se prima ci pensava due volte ora ci pensa tre volte», ha detto. «Ritengo sia un ulteriore ostacolo — ha spiegato — Quando un’azienda se ne va da un Paese bisogna anche verificare il perché, capire quali sono le cause, e probabilmente correggere. Io non credo che un’azienda, anche se se ne va dopo pochi anni e ha ricevuto incentivi, non abbia dato al territorio e al Paese un apporto superiore a quelli che sono stati gli incentivi». Il decreto, per Monsani, è dunque «una punizione che però non punisce solo quello che oggi decide di andarsene, ma probabilmente punisce l’attrattività».
Ci sono 500 multinazionali insediate sul territorio toscano: 420 sono straniere, di queste 95 sono americane. In questi giorni di polemiche arroventate per la decisione della Bekaert di chiudere lo stabilimento di Figline Valdarno (mandando a casa oltre 300 lavoratori), la decisione del ministro Di Maio di inasprire le sanzioni per chi sposta la produzione in altri Paesi continua a non convincere gli industriali, che la ritengono comunque eccessivamente punitiva e soprattutto potenzialmente scoraggiante per i nuovi investimenti. Ancora ieri la portavoce del M5S in commissione lavoro alla Camera, Gloria Vizzini, ha ribadito che Bekaert «è l’esempio negativo di tutte quelle multinazionali che acquistano aziende italiane e dopo qualche anno delocalizzano licenziando su due piedi».
Ma il rischio, secondo gli industriali, è che per punire i comportamenti scorretti di alcune aziende, si scoraggino anche quelle virtuose rallentando gli investimenti sul territorio: secondo i dati della Regione, che da anni opera attraverso Invest in Tuscany per supportare gli investitori, durante gli anni della crisi 38 multinazionali si sono ingrandite, hanno investito oltre un miliardo e mezzo e costruito nuovi insediamenti, portando ad oltre 3.300 i lavoratori. «Gli investimenti dall’estero sono fondamentali per almeno due motivi — spiegano dalla Regione — Hanno un impatto diretto su occupazione e valore aggiunto. In secondo luogo apportano nuovi capitali al nostro sistema imprenditoriale, composto per la maggior parte da Pmi, che beneficia così di metodologie di lavoro e organizzative innovative e dimestichezza con mercati lontani».