«Ve lo do io il passaporto»
Pistoletto domani sarà a Viareggio per la festa della cittadinanza universale: «Offro il mio Terzo paradiso per i documenti degli apolidi, tocca all’arte cambiare il mondo»
Sulla storia sociale dell’arte Arnold Hauser ha scritto fior di tomi. Ancora oggi si discute se l’arte ha conservato questa funzione. Si intitola «Le arti come strumento di rigenerazione urbana e di trasformazione culturale della realtà» l’incontro che domani, a Viareggio, alle 16,30, è in programma alla Galleria di arte moderna e contemporanea. Primo appuntamento della «Festa della cittadinanza universale», che proseguirà fra Piazza Shelley e Villa Paolina con concerti, danze di musica africana, azioni teatrali, installazioni. Un progetto di Alessandro Garzella e Satyamo Hernandez col Cantiere delle Differenze. (Info e programma www.animalicelestiteatrodartecivile.it/it/progetti/cantiere-delle-differenze)
Protagonista dell’incontro pomeridiano sarà Michelangelo Pistoletto, uno dei grandi artisti contemporanei, che ha fatto della sua arte uno strumento di riflessione e rinascita sociale. Demopraxia, la chiama, e ci ha scritto un libro. A Viareggio porterà simbolicamente il suo Terzo paradiso, che vedremo in tutti i passaporti apolidi distribuiti in questo cantiere delle differenze. Un gesto che ha un chiaro significato politico.
Esiste oggi una funzione dell’arte nella fruizione della realtà?
«Ancora nell’Ottocento l’arte descriveva la realtà attraverso un’ispirazione intellettuale non dell’artista ma della religione e dei palazzi del potere. A volte emergevano personalità in grado di lasciare il segno, ma sempre al servizio di un potere. Nel Novecento, con l’affermazione del mezzo fotografico, la fotografia diventa lo strumento più idoneo al servizio del potere. Nasce così una rivoluzione estetica. L’arte non è più solo asservita al potere, anche se non sempre l’artista ha capito che deve essere propositore di vie nuove per una nuova società. Ci sono molti artisti che rappresentano una nuova avanguardia, si assumono una responsabilità sociale e creano una trasformazione. Ma gli artisti, o credono che ciò sia possibile o se ne stanno, e ce ne sono, con chi può pagarlo molto bene».
Lei parla di responsabilità personale e di acquisire una nuova coscienza. Le sembrano i tempi questi?
«La responsabilità personale serve a sviluppare una nuova cultura, per cui non ci si abbandona sempre a una protezione calata dall’alto. La democrazia è il sogno dell’umanità, ma per come è stata impostata non si realizza, è sempre delegata. Si parla di potere del popolo, ma il popolo è fatto di individui. Sono loro che devono acquisire una coscienza. Dobbiamo lavorare sulla realtà se- condo i principi che io definisco demopraxia: demo e pratica. Bisogna fare progetti veri e realizzarli. La mia fondazione, La città dell’arte, lavora su questo. Persone da tutto il mondo realizzano progetti che formeranno una rete. Per uscire da questa impasse epocale e riprogettare il futuro. L’idea del progresso è stata la guida di tutte le attività: crescita, scienza, ma anche l’atomica e lo sfruttamento della natura che ha portato al suo degrado. E non ci ricordiamo che siamo fatti di pelle animale».
Qual è l’importanza dell’arte antica nel suo lavoro?
«È una costante per me. A partire dal rapporto con Piero della Francesca. La Flagellazione di Cristo è un vero fenomeno dell’arte prospettica. Ma con la prospettiva guardiamo solo in avanti. Oggi c’è bisogno di ripensarla ed è quello che ho fatto con i miei specchi. Il quadro specchio rappresenta l’infinito, il tempo fermo e il tempo che scorre. Vediamo dietro, vediamo avanti, e anche il durante. Entra così la quarta dimensione, il tempo. E se blocchiamo la visione, l’immagine diventa memoria. Leonardo ha fatto una elaborazione geometrica dell’uomo vitruviano, che aveva senso nel Rinascimento. Ma oggi dobbiamo anche reinventare la geometria. Io ho elaborato con un segno arte l’uomo di Leonardo, che ora è perfettamente equilibrato, il triangolo fra le mani è grande quale quello fra le gambe. Così estetica ed etica sono due elementi che si devono sempre compensare».
C’è speranza di mettere un freno agli egoismi?
«Sì ma non basta sperare, bisogna agire. L’ideale non serve se non si trasforma in pratica. Il mio simbolo dei tre cerchi, quel Terzo paradiso che vedrete nei passaporti apolidi, rappresenta l’equilibrio, conseguenza di una trasformazione intellettuale creativa che porta a una rigenerazione. A ottobre, per il quarto anno consecutivo, torno a Cuba, all’Avana. Là stiamo lavorando praticamente, mettiamo insieme tutti gli elementi della società. A Cuba è più semplice realizzare questa utopia perché non c’è la competizione dei partiti. C’è il problema dell’embargo, ma loro devono riuscire lo stesso a sviluppare autonomia. Pratica, economica, produttiva. Che dovrà poi essere organizzata in modo che funzioni».
Sogniamo una democrazia che non si realizza, perché deleghiamo Occorre che ognuno se ne senta responsabile