Un patto tra tre sindaci E dal centrodestra parte l’assalto alla Regione
Offensiva da Arezzo, Grosseto e Siena: saremo un laboratorio, partendo dai servizi pubblici
Per la prima volta i capoluoghi della Toscana del sud sono governati dal centrodestra. E ora i sindaci di Arezzo, Grosseto e Siena lanciano un programma per la Toscana. «A partire dai servizi come rifiuti e acqua, la cui gestione deve tornare interamente pubblica».
La prima rivoluzione risale al 24 giugno scorso. Quando, con l’elezione a sindaco di Siena di Luigi De Mossi, il centrodestra ha raggiunto per la prima volta nella storia della Toscana un obiettivo che sembrava impensabile fino a pochi anni fa: il governo di un’area omogenea della regione, quella del sud (Arezzo era già stata conquistata nel 2015, Grosseto l’anno seguente). La seconda rivoluzione è quella che hanno in testa i sindaci dei tre capoluoghi: cambiare l’assetto di servizi pubblici fondamentali come sanità, gestione dei rifiuti e acqua così come lo abbiamo conosciuto in Toscana negli ultimi venti anni.
In sostanza, un’altra idea di governo locale rispetto all’impostazione del centrosinistra, con un occhio alle Regionali del 2020. «La nostra intenzione comune è ridefinire il sistema dei servizi e non credo sia un caso che questa spinta venga da tre sindaci che provengono dal mondo delle professioni e non da quello della politica», dice il primo cittadino di Arezzo Alessandro Ghinelli. Lui è un ingegnere, De Mossi un avvocato, il grossetano Antonfrancesco Vivarelli Colonna un imprenditore. Tre civici, sì, ma con una regia politica: quella di Stefano Mugnai, deputato e coordinatore regionale di Forza Italia, che di professione fa il funzionario pubblico (quindi conosce la macchina amministrativa). «La Toscana del Sud può diventare un laboratorio amministrativo», dice Vivarelli Colonna. Ma per fare cosa?
Sanità
Il nemico numero uno dei sindaci è la riforma voluta dal governatore Enrico Rossi che ha portato alla creazione di tre grandi Asl. «Da quando è entrata in vigore ci sono meno primari e meno personale: i servizi hanno retto solo grazie alla grande professionalità dei nostri medici», dice Ghinelli, che ha in testa un modello alternativo ben preciso: quello del Veneto, dove il numero delle Asl è stato sì ridotto ma è rimasta «l’organizzazione su base provinciale». «In autunno presenteremo una proposta dettagliata per il superamento delle “Aslone” e apriremo un confronto con tutti. Se Firenze (la Regione, ndr) continuerà ad ignorarci, vorrà dire che sarà Arezzo la sede del laboratorio per una nuova sanità toscana». E tira già aria di battaglia sulla successione del direttore generale della Asl sud-est Enrico Desideri, che è in scadenza. Il potere di nomina è della Regione ma, dice Ghinelli, «dovrebbero convocare un tavolo di concertazione con i sindaci. Per ora però non abbiamo ricevuto telefonate da Rossi...».
Rifiuti e acqua
L’idea dei sindaci di centrodestra è superare il modello delle società partecipate per «tornare ad una maggioranza e ad una governance pienamente pubblica», dice Ghinelli. Ma il centrodestra non è sempre stato più propenso a favorire l’iniziativa privata e diffidente del pubblico? Perché questo cambio di paradigma? «Senza offesa, ma questo è uno schema un po’ vecchio e ideologico — dice Vivarelli Colonna — Io sono un amministratore, guardo ai risultati. E voglio sapere chi posso chiamare se c’è un cassonetto da spostare. Qui, tra gestori unici come Sei Toscana e organismi di 100 persone come l’assemblea dell’Ato, c’è stata una marginalizzazione dei poteri dei sindaci». Ghinelli punta su Estra, l’azienda pubblica del gas e della luce (i soci, seppur indiretti, sono 97 Comuni toscani). «Può essere il player giusto per superare l’impostazione municipalista del centrosinistra e allo stesso tempo rispondere alla sfida delle grandi gare pubbliche», dice il sindaco di Arezzo. Perché il rischio è che la gestione dei servizi finisca in mano alle grandi multiutility straniere o non toscane (l’emiliana Hera, la piemontese e ligure Iren, la laziale Acea). Il presidente di Estra, Francesco Macrì, lo ha detto chiaro e tondo martedì scorso in un convegno a cui hanno partecipato anche il sindaco di Prato Matteo Biffoni e il presidente del Consiglio regionale Eugenio Giani (Pd): «In un Paese che ha perso 500 marchi nel settore privato, ci dobbiamo chiedere: è giusto immaginare un futuro in cui infrastrutture materiali e immateriali vadano a soggetti stranieri? Noi siamo pronti, con spirito di servizio e senza alcuna volontà di potenza». Se non quella dei tre sindaci di cambiare (quasi) tutto sui servizi.
Ghinelli
Su rifiuti e acqua va superato il municipalismo tipico del centrosinistra, puntiamo su Estra come player
Vivarelli Colonna Noi per il privato e la sinistra per il pubblico? Schema vecchio, io guardo ai risultati