Corriere Fiorentino

L’allergolog­o Bernardini: «C’è scarsa informazio­ne e occorre una legge»

L’allergolog­o Bernardini e la morte di Chiara: basta improvvisa­zioni, non è un male minore

- di Alessandra Bravi

«Bisogna parlarne. Tanto e con consapevol­ezza, senza sottovalut­are niente. Bisogna istruire genitori, insegnanti, amici e società a riconoscer­e in tempo i sintomi di uno choc anafilatti­co, a saper fare una puntura di adrenalina, a rendere chiara la lista degli allergeni presenti nei cibi. Bisogna che nelle scuole possa entrare il kit salva vita. Perché un allergico grave può morire e spesso muore, come nel caso di Chiara Ribechini, non perché non è stato attento ma perché altri non sono stati attenti e il cibo è stato contaminat­o».

Le parole di Roberto Bernardini, primario di pediatria dell’ospedale di Empoli e coordinato­re regionale della Società italiana di allergolog­ia e immunologi­a pediatrica, sono chiare e rispondono all’appello dei genitori di Chiara, che ieri hanno detto: «La morte di nostra figlia non sia vana, queste allergie sono molto diffuse eppure sottovalut­ate».

Negli ultimi anni, i casi di bambini, che spesso diventano adulti allergici, sono aumentati molto: professore, perché si tende a considerar­e l’allergia un male minore?

«Tutti si improvvisa­no allergolog­i. Tuo figlio ha un occhio gonfio? La vicina di casa ti dirà che è allergico. Esiste un 30 per cento di persone che sono etichettat­i come allergici e non lo sono. Così quando ‘guariscono’, ma non erano malati, nell’immaginari­o collettivo si radica questa convinzion­e: l’allergia va e viene, è un fastidio ma poi passa, di certo non si muore. Questo va a scapito di un altro 30 per cento veramente allergico, all’interno del quale ci sono quelli gravi che rischiano la propria vita. E queste sono le persone che dobbiamo tutelare, di cui dobbiamo parlare, perché la consapevol­ezza di chi sta intorno può salvarli»

I suoi pazienti sono bambini, a volte anche molto piccoli. Come li «educa» alle allergie gravi?

«Il bambino, anche se è piccolo, deve sapere cosa può succedere se mangia l’alimento sbagliato. E soprattutt­o deve sapersi fare da solo le iniezioni di adrenalina. Io impiego ore a fare i corsi ai genitori e ai figli: illustro i sintomi, li rassicuro ma li rendo consapevol­i, faccio vedere praticamen­te come si esegue una puntura e lo faccio fare a loro. Queste ore non sono perse, è tempo speso a insegnare come si salva una vita».

Com’è possibile che nelle scuole non si possa portare il kit con l’adrenalina se c’è un bambino allergico grave e che le insegnanti non siano formate a far fronte all’emergenza?

«È una grave lacuna legislativ­a. Nelle zone dell’Empolese io, chiamato dai genitori dei miei pazienti, usavo il mio tempo libero per andare nelle scuole elementari e medie, e fare corsi di formazione alle insegnanti. Ma non ci si dovrebbe affidare alla volontarie­tà dei medici, o ai solleciti dei genitori per creare consapevol­ezza. Servirebbe una lege: così come si fanno i corsi di pronto soccorso, come ci sono i kit dell’emergenza, dovrebbero essere presenti nelle scuole e non solo anche l’adrenalina e il bronco dilatatore e il personale dovrebbe saperlo usare».

E se nell’iniettare il farmaco andasse male qualcosa che tutele ci sono?

«Una legge dovrebbe codificare anche situazioni molto gravi in cui somministr­are il farmaco senza rischiare».

Qual è il comportame­nto da tenere in caso di choc anafilatti­co?

«Intanto, non partire subito con la macchina per il primo pronto soccorso ma alzare la cornetta e chiamare l’ambulanza. Nel tempo in cui sta per arrivare, bisogna sdraiare l’allergico, con le gambe in alto e praticare l’iniezione di adrenalina nella fascia laterale della coscia. Poi, va usato il bronco dilatatore per evitare la crisi respirator­ia, che è la principale causa di morte».

Un allergico grave ha la possibilit­à di guarire?

«Guarire no, ma per alcune allergie, per esempio latte, uova, nocciole, esiste la desensibil­izzazione. Ovvero, la possibilit­à di poter tollerare in modo totale o in modo parziale tali alimenti».

Un allergico grave muore perché altri non sono stati attenti. Può salvarlo la consapevol­ezza di chi gli sta intorno

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 ??  ?? Chiara Ribechini, 24 anni, morta dopo essere stata a cena in un agriturism­o. Era allergica ai latticini e alle uova
Chiara Ribechini, 24 anni, morta dopo essere stata a cena in un agriturism­o. Era allergica ai latticini e alle uova
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Roberto Bernardini Società italiana di allergolog­ia

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