Ventilatori accesi in cella (con un anno di ritardo)
Nell’estate 2017 l’arrivo degli apparecchi, martedì l’installazione in 300 celle
Ventilatori accesi a Sollicciano. Ma con un anno di ritardo visto che i primi apparecchi erano arrivati nel carcere per far fronte alla calura insopportabile della scorsa estate.
«No, non è una battaglia vinta, è il riconoscimento di un diritto minimo, il diritto a vivere con un po’ di decenza». Don Vincenzo Russo, cappellano del carcere di Sollicciano, commenta così l’arrivo dei ventilatori nelle celle dei detenuti. Con un anno di ritardo, tra intoppi burocratici e un impianto elettrico che fatica a sostenere apparecchi tanto semplici. Nei bracci del giudiziario, i ventilatori sono stati montati martedì, in queste ore stanno arrivando nel centro clinico, nei prossimi giorni toccherà agli altri bracci. Trecento celle in tutto, «dove si vive in condizioni inaccettabili — spiega il sacerdote — All’ultimo piano, le temperature toccano i cinquanta gradi e ieri (martedì, ndr) persino un volontario ha avuto un malore e ha dovuto essere soccorso col la barella».
Lo scorso anno don Vincenzo — grazie ai contributi della Regione e della Madonnina del Grappa — aveva acquistato sessanta ventilatori da distribuire tra le celle. Ma a parte una decina che era stata montata nei «passaggi», i corridoi, gli altri erano rimasti in magazzino. Le celle non hanno un impianto elettrico adeguato e, visto che non erano abbastanza per tutte le 300 stanze, i vertici di Sollicciano preferirono evitare di stilare graduatorie e di creare malcontento. Non solo, ma «a seguito di un’evasione, il carcere aveva deciso di sospendere la “vigilanza dinamica”, che prevede le porte aperte», spiega don Vincenzo. Così i ventilatori nei corridoi non davano beneficio alle celle, dove i detenuti stavano per ben 20 ore su 24. Stavolta, il sacerdote è tornato alla carica. Oltre alla Madonnina del Grappa ha coinvolto la Caritas e le Misericordie toscane e ha messo insieme oltre 11 mila euro. Ed è arrivato a mettere insieme 300 ventilatori.
«Stavolta un po’ di umanità è entrata ventilando in quel luogo di sofferenza», dice il radicale Massimo Lensi, che ha collaborato all’iniziativa. «Fondamentale è stato creare un ponte con la città, il coinvolgimento delle associazioni è il primo passo perché a Firenze si torni a parlare del problema carcerario — dice don Vincenzo — Ma molto ha contribuito anche la grande disponibilità del nuovo direttore, Fabio Prestopino, che ringrazio pubblicamente». Prestopino, che vista la calura estiva ha imposto ai detenuti di restare fuori dalla cella 4 ore in più al giorno, si è infatti accollato il problema dei trasformatori necessari a far funzionare gli apparecchi. «I primi detenuti che hanno avuto i ventilatori sono molto contenti — spiega il sacerdote — Sollicciano per la sua struttura architettonica somiglia a un grande forno. E anche non c’è il sovraffollamento che avevamo registrato prima del decreto svuotacarceri, quando si arrivò a toccare i 1050 detenuti, stanno di nuovo aumentando: ora siamo a 750800 persone, quando il carcere non ne potrebbe tenere più di 450».