Bcc, in Toscana un fronte per fermare la riforma Renzi
Dodici istituti su quindici favorevoli alla moratoria proposta da Bagnai
Il governo potrebbe approvare già mercoledì prossimo la moratoria di sei mesi sulla riforma del credito cooperativo vara dal governo Renzi. E in Toscana, al di là delle dichiarazioni ufficiali, la gran parte delle Bcc riunite nella Federazione, che hanno tutte aderito alla holding di Iccrea, è a favore della «pausa di riflessione». Il presidente leghista della commissione Finanze del Senato, Alberto Bagnai, ha proposto una moratoria fino a quando non sarà introdotto in Europa un quadro regolatorio più favorevole alle banche più piccole: il decreto dovrebbe congelare per 6 mesi il termine di 90 giorni entro il quale le singole Bcc devono aderire alle holding. Il termine decorre una volta che le holding abbiano ottenuto le autorizzazioni dalle autorità di vigilanza: Iccrea ha già avuto il via libera informale dalla Bce. La moratoria, come ha spiegato ieri il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro, servirà a prendere tempo in attesa di capire come modificare la riforma. «Il lavoro concreto arriverà dopo l’estate», ha detto Fraccaro.
L’autunno si annuncia quindi bollente per le Bcc toscane che ufficialmente tengono la bocca cucita, ma in realtà non disdegnerebbero affatto la moratoria proposta dalla Lega. Secondo quanto risulta al Corriere Fiorentino, delle 15 Bcc aderenti alla Federazione Toscana ben 12 sarebbero favorevoli allo stop, mentre la Federazione è sulla stessa linea di Iccrea che chiede di non interrompere il percorso di riforma, pur mostrando aperture ad un eventuale confronto con il governo. La Bce e Bankitalia hanno tempo fino al 25 agosto per dare il via libera ufficiale alla costituzione delle tre capogruppo (Iccrea, Cassa Centrale e Raiffeisen), ma il governo già la prossima settimana metterà in pausa il percorso che avrebbe dovuto condurre le Bcc a convocare entro la fine di ottobre le assemblee straordinarie per cambiare gli statuti e conferire i poteri alle capogruppo con la firma dei patti di coesione, così da rendere operativa la riforma dal 1° gennaio 2019. Alle Bcc non piace per nulla l’idea di dover cedere l’autonomia gelosamente conservata per oltre un secolo, temono la vigilanza pervasiva e rigorosa della Bce, vogliono conservare mano libera sull’erogazione del credito al territorio. L’ombrello della holding garantirebbe maggiore solidità e facilità di accesso al credito, ma limiterebbe fortemente l’autonomia delle singole banche, per arrivare ad azzerarla nel caso degli istituti più deboli e peggio gestiti. I contratti di coesione (in base ai quali le Bcc conferiscono alla capogruppo il potere di coordinamento) prevedono un meccanismo «a semafori»: rosso, una sorta di commissariamento da parte della holding, per le banche in condizioni peggiori; arancione che prevede limiti all’autonomia operativa; verde che garantisce un’autonomia quasi totale. Secondo una fonte a diretta conoscenza del dossier, delle 145 Bcc aderenti alla holding di Iccrea solo 50 godrebbero del semaforo verde. Altro elemento di forte preoccupazione è l’ipotesi che Bce possa chiedere alle capogruppo un rafforzamento patrimoniale: le Bcc devono detenere almeno il 51% del capitale della holding con un azionariato quindi molto frastagliato che si troverebbe in minoranza nel caso di ingresso di un socio forte. Preoccupazioni fino ad oggi rimaste sotto traccia e che potrebbero emergere adesso, trovata la giusta sponda a Palazzo Chigi. La fronda pro moratoria è capitanata dalle Bcc più grandi e perciò più gelose della propria autonomia. E in terra toscana la posizione potrebbe non dispiacere a Chiantibanca, anche se a San Casciano le bocche restano ufficialmente chiuse.
Per il rinvio Il fronte è guidato dalle banche più grandi, gelose della propria autonomia