Corriere Fiorentino

«La prima necessità: un’auto (truccata) per fuggire di casa»

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«La prima necessità quando compii diciott’anni fu avere la patente. La macchina, una polo rossa truccata, divenne così la mia camera mobile. Il mio mondo indipenden­te». I 18 anni dello scrittore Marco Vichi sono stati segnati da questa esigenza. «In una famiglia borghese come la mia c’era molto controllo. L’auto era così il mezzo per schizzare letteralme­nte fuori e conoscere tutto quell’universo di persone e luoghi che mi era stato fino ad allora precluso. Ricordo con un certo sgomento che si poteva transitare tra il Duomo e il Battistero e che tutte le piazze più belle erano dei parcheggi. Ricordo anche, e i diciottenn­i di adesso resteranno allibiti, che se dopo le 10 di sera una ragazza o una donna camminava da sola per strada subito si creava dietro una fila di automobili. Perché quello era ancora un mondo maschile e maschilist­a». Tra non poche note dolenti però nella Firenze dei 18 anni di Vichi c’erano anche delle avanguardi­e come i primi locali gay. «In via dei Pandolfini — racconta — si andava da Rudy. In gruppo, era curioso, c’erano anche tanti etero che per un bicchiere dopo una certa ora non avevano a disposizio­ne altri locali. Questo, tranquilli­ssimo, era aperto fino alle 4 del mattino». Ha dato sfogo anche alle follie: «Le corse in auto. Una cosa da deficienti, lo so».

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