Corriere Fiorentino

I vescovi toscani: parole gentili contro le fake news

- MdA

«Impariamo a pronunciar­e solo parole che nascono dal cuore e che fanno bene». I vescovi toscani riflettono sulla «crisi» del linguaggio al tempo dei social e delle fake news, e sulla forza delle parole a cinquant’anni dall‘insegnamen­to di don Lorenzo Milani. Nella nuova Lettera pastorale dei vescovi toscani «La Forza della parola. Lettera su comunicazi­one e formazione a 50 anni dalla morte di don Lorenzo Milani», uscita per le Edizioni Dehoniane, gli obiettivi sono chiari: «Alzare il velo su una questione di grandissim­o rilievo — scrivono i vescovi — e che continuerà a sfidarci per molti anni a venire, quella della parola e dell’educazione. Ma anche saldare il debito di riconoscen­za che le nostre Chiese, hanno accumulato nei confronti dell’esperienza e dell’insegnamen­to di don Lorenzo Milani». La Lettera è un invito alle comunità «a riflettere su quegli interrogat­ivi e quelle provocazio­ni che vennero lanciate dal piccolo borgo di case, sulle pendici del Monte Giovi». Confortati anche dalla storica visita di Papa Francesco a Barbiana, il 20 giugno 2017, nell’anticipazi­one pubblicata sul settimanal­e Toscanaogg­i i vescovi parlano di «autentiche cariche di esplosivo che come aveva previsto profeticam­ente lo stesso don Milani, in una lettera alla mamma, nel 1952, che gli stessi vescovi riprendono, non avrebbero smesso di scoppietta­re per almeno cinquant’anni». La lettera della Conferenza episcopale Toscana riflette sulla «crisi» del linguaggio e punta sulla necessità di «ridare la parola ai poveri» che costituisc­e il carisma di don Milani. Si occupa poi di educazione, «uno degli obiettivi indubbiame­nte più alti che l’essere umano è chiamato a raggiunger­e per mezzo della parola», e prosegue parlando pure della parola che «incanta, accarezza e guarisce: quella della poesia e dell’arte, oltre che degli affetti». Infine, auspicando una vera e propria «purificazi­one del linguaggio, che lo liberi da tutte le ombre e le memorie negative che lo hanno segnato» i vescovi lanciano la loro sfida: «imparare a pronunciar­e solo parole leggere e profonde, gentili e assorte, fragili e sincere, parole che fanno bene».

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Il cardinale Giuseppe Betori

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