BORGO IN SCENA UN VALZER D’AUTORI
Da domani al 14 agosto gli abitanti salgono sul palco per il nuovo spettacolo Il regista Cresti: vedrete una grande cena dove alla fine nessuno mangerà Un’esperienza unica che coinvolgerà nel lavoro collettivo anche sei rifugiati
La Val d’Orcia è un piccolo paradiso in terra. Riconosciuto per le sue bellezze e per la civiltà che vi si respira. Pienza, gemma del rinascimento, vanta una piccola frazione, Monticchiello. Un borgo arrampicato su un poggio, circa 300 abitanti e la storia di un piccolo miracolo. Negli anni Sessanta il meraviglioso Chiantishire non era ancora così meraviglioso e viveva la crisi di tutto un sistema rurale che affrontava la sfida della civiltà industriale. La mezzadria era in crisi, gli abitanti scappavano e anche Monticchiello si stava svuotando. Il regime condiviso non dà memoria di chi abbia avuto l’idea, forse anche questo è stato il frutto di un confronto fra paesani, ma in un piccolo centro dove non esisteva nessun teatro (cosa non banale in Toscana, dove ogni paesino vanta in genere il proprio teatro all’italiana), la salvezza sarebbe venuta proprio dal teatro. Autodramma, una definizione di Giorgio Strehler, che di teatro se ne intendeva, che è stata adottata con gioia. Una intera comunità durante tutto l’anno si interroga e confronta per arrivare alla proposta estiva del nuovo spettacolo che quest’anno tocca la cinquantaduesima edizione. Da domani al 14 agosto va in scena Valzer di mezzanotte, creato, pensato, vissuto, recitato e messo in scena dalla gente di Monticchiello. Andrea Cresti è il regista che guida la messa in scena e spiega: «Si tratta di un vecchio valzer che fece furore negli anni ‘50. Dedicato a quel momento in cui un giorno si chiude e ne nasce un altro. Al buio succederà la luce e l’animo oscilla fra il rimpianto di ciò che ci lascia e la speranza per ciò che verrà. L’ambientazione è quella di una grande cena, dove alla fine nessuno mangerà». Si mangerà invece, e bene, alla Taverna del Bronzone, trattoria che vive solo nel ciclo del teatro, ma che è un obbligato rito di passaggio anche perché i pici delle signore di Monticchiello sono insuperabili. Così un’esperienza unica ha fatto da motore alla rinascita di una comunità. Che dagli anni Ottanta si è pure costituita in cooperativa. «Pochi gli
stipendiati — ci spiega l’attore Gianpiero Giglioni — ma ogni abitante di Monticchiello ne fa parte». E incarna la vita del paese. «Qui non c’è nulla, e ormai il teatro fa tutto».
Assistenza anziani e disabili, farmacia, accompagnamenti, una vara società di mutuo soccorso e luogo di aggregazione. «La nostra sede è l’antico granaio dove i contadini stipavano il grano per il padrone. Qui diamo informazioni, facciamo da uficio turistico, punto internet, sala di lettura. Non potevamo nemmeno restare insensibili al dramma dei rifugiati. Ora ne ospitiamo sei, non possiamo di più perché non abbiamo posto. Ma in piazza a lavorare per il teatro vedrete anche loro».