Al Franchi l’orchestra dei 1.500 «Il rock è vivo e trasmette valori»
Rockin’ 1000 Musicisti da tutto il mondo con Courtney Love
Un primo cenno del maestro Peppe Vessicchio e 300 chitarre, 250 bassi, 250 batterie, 300 voci, 250 fiati e 50 percussioni in sincronia hanno intonato il Preludio n.1 del Bach più rock di sempre, seguito da una banda itinerante di percussionisti in stile tribale.
È iniziato così in uno Stadio Franchi pieno per meno di metà — circa 10 mila spettatori — l’evento Rockin’1000 con 1.500 musicisti e una super scaletta. Da Hard To Handle del re del soul Otis Redding al super medley classic rock composto da Sympathy for the Devil dei Rolling Stones e da Hush dei Deep Purple per gli anni ‘60, passando per Won’t Get Fooled Again degli Who e l’adrenalina punk-rock dei Ramones con Blitzkrieg Bop; e ancora verso gli anni ‘70-’80 con il Boss di Born To Run e Shoot To Thrill degli AC/DC, e incursioni nei Duemila di Bruno Mars (Uptown Funk). Dominano la scena i suoni sporchi anni ‘90, dai riff minimalisti dei Pixies di Where Is My Mind ai Foo Fighters di Learn To Fly e i Rage Against The Machine con Killing in the Name: omaggio alla loro regina, la star di questa edizione fiorentina del Rockin’1000: Courtney Love, che ha varcato la soglia del Franchi per la prima volta, durante le prove, proprio mentre la carica dei 1.500 eseguiva Smells
Like Teen Spirit dei Nirvana. Un’esibizione più unica che rara la sua: ha proposto dopo anni i brani delle Hole in una veste inedita con 1.500 orchestrali e musicisti come Saturnino, Cesareo degli Elio e le Storie Tese e Lino Magnini.
«È stata una vera bomba suonare con loro! — ha raccontato la vedova Cobain, il cui libro-confessione definitivo, con tanti contributi dei protagonisti della scena musicale alternativa anni Novanta, uscirà a primavera del 2019 — ho sentito un’emozione e un’energia incredibili, mi sono sentita parte di qualcosa di più grande. Come vedete è la dimostrazione che il rock è ancora vivo, e ciò che abbiamo creato noi è entrato a far parte dei classici quindi insomma, fin qui è andata bene. In più al giorno d’oggi si tro- vano ancora tante realtà valide, penso ad esempio a Coldplay, Foo Fighters, Pearl Jam». Con la super band alle spalle Courtney Love ha eseguito Celebrity Skin e soprattutto Malibu, dove canta del marito Kurt Cobain e del suo ultimo disperato tentativo di disintossicazione: in una clinica di Malibu, California, da cui era fuggito per andare incontro alla morte pochi giorni dopo.
«Quello delle dipendenze è un tema che mi tocca particolarmente, non è un mistero che anche io tra i miei venti e trent’anni sia stata autodistruttiva e abbia fatto uso di sostanze. Non lo faccio più e vi dico che se ne può uscire», ha spiegato la cantante, vicina alla Only The Brave Foundation di Renzo Rosso e al suo impegno verso la comunità di San Patrignano, a cui andrà devoluta parte del ricavato di ieri sera. «Faccio rock che è trasmettere valori, messaggi e coinvolgere. La mia voce è femminista, inclusiva, per l’accettazione senza alcuna differenza». La leader perfetta per la festa del rock e dello stare insieme, dove si sono esibiti musicisti tra i 10 e i 70 anni da oltre trenta Paesi del mondo.