Corriere Fiorentino

Il cemento cresce, un po’ più lento (aggirando la legge Marson)

Il rapporto Ispra: in Toscana consumo di suolo al 7,1%, Prato cresce di più

- Giulio Gori

La Toscana continua a consumare suolo, urbanizzan­do aree agricole e naturali. Ma l’avanzata del cemento rallenta la sua corsa. A dirlo è l’edizione 2018 del rapporto di

Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) sul «Consumo di suolo» in Italia. Le analisi satellitar­i raccontano che nel 2017, rispetto all’anno precedente, nella nostra regione sono stati occupati 167 nuovi ettari, pari a 234 campi di calcio, 3 metri quadrati al minuto. Ma nel 2016, l’aumento era stato ben più alto, 403 ettari. La Toscana, al 2017, ha raggiunto un consumo di suolo del 7,1 per cento del suo territorio (a fronte di una media italiana del 7,65 per cento).

L’aumento annuale è stato dello 0,1 per cento (contro lo 0,23 per cento nazionale). Secondo Ispra, ad aiutare la frenata sono le norme toscane, in particolar­e la legge urbanistic­a e il piano del paesaggio dell’ex assessore regionale Anna Marson, ma non mancano le ragioni di preoccupaz­ione: a fronte di zone ancora poco urbanizzat­e, tra le aree più «consumate» d’Italia c’è «l’asse Firenze-Pisa»; inoltre, in Toscana negli ultimi cinque anni solo il 5,5 per cento delle trasformaz­ioni avviene in aree già urbanizzat­e. Del resto, Ispra segnala che lo scorso anno 1,1 ettari di consumo di suolo sono avvenuti nel parco dell’Arcipelago Toscano e ben 14 in aree protette della costa e sugli argini di fiumi e laghi.

In assoluto, Prato (con 10 nuovi ettari) «presenta il maggiore incremento di consumo di suolo tra tutti i Comuni toscani, con numerosi cantieri di dimensioni ridotte avviati all’interno della città».

Se l’Unione Europea chiede l’«azzerament­o del consumo di suolo», entro il 2050, la Toscana non avrà la maglia nera, ma sembra ancora indietro. Segno che le norme Marson iniziano a funzionare, ma al rallentato­re. «Bisogna fare chiarezza: quelle norme consentono consumo di suolo per le infrastrut­ture pubbliche e per gli ampliament­i delle aziende produttive e agricole — dice l’attuale assessore regionale all’urbanistic­a, Vincenzo Ceccarelli — Lo stop al consumo riguarda, oltre alle aree protette, anche il residenzia­le, tranne specifiche eccezioni». Le norme Marson risalgono al 2013-2014, ma è ancora in corso la transizion­e verso la loro piena applicazio­ne, per dare tempo al progressiv­o adeguament­o dei piani struttural­i dei Comuni: a pieno regime, nel 2022, dice Ceccarelli, «ci sarà il 30-40 per cento in meno di aree potenzialm­ente edificabil­i».

Tra i punti critici, c’è una norma transitori­a che consente ancora per qualche anno una definizion­e blanda del concetto di «perimetro urbanizzat­o», permettend­o di fatto di costruire in zone in cui il cemento non è quasi per niente presente. Ma la vera nota dolente è la difficoltà a rigenerare il suolo già consumato: «La Regione ha finanziato i piani di riqualific­azione urbana per 44 milioni di euro, ma non basta, perché rigenerare costa più che costruire ex novo — dice Ceccarelli — Servirebbe­ro norme nazionali per incentivar­e, defiscaliz­zare, ad esempio il recupero delle periferie». Nel rapporto Ispra non manca un‘accusa alle politiche regionali. In un articolo firmato da due ricercator­i dell’Università di Firenze, il professor Alberto Ziparo e il dottor Andrea Alcalini, si dice, rispetto alle norme Marson, che «invece di applicarne dettami e politiche, si tenta di vanificarn­e prescrizio­ni e direttive, aggirando o modificand­o continuame­nte le norme operative. Se ne negano anche le strategie, per esempio insistendo sulle grandi opere».

«In questi anni, la manutenzio­ne di quelle norme è stata finalizzat­a a una loro migliore applicazio­ne, non a rinnegarle — ribatte Ceccarelli — Certe posizioni sono integralis­te, tanto da andare oltre la sintesi delle norme Marson. La Regione crede nel rispetto dell’ambiente e del paesaggio, ma anche nella necessità dello sviluppo. Opere come la nuova pista di Peretola o la terza corsia autostrada­le sono fondamenta­li e non intendiamo rinunciarc­i».

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