Corriere Fiorentino

Oscar Ghiglia, così antico e modernissi­mo

Al Centro Matteucci di Viareggio l’artista in mostra con due opere dell’amico Modigliani

- Valeria Ronzani

Italia c’è Ghiglia, c’è Oscar Ghiglia e basta». Così Amedeo Modigliani riferendos­i al pittore suo concittadi­no (Ghiglia era nato a Livorno nel 1876, otto anni prima di Modigliani). Proprio a Ghiglia è dedicata l’annuale esposizion­e che il Centro Matteucci di Viareggio dedica ad appassiona­ti e studiosi. Oscar Ghiglia. Classico e moderno, a cura di Elisabetta Matteucci, espone cinquanta opere del maestro toscano, fra cui almeno una ventina di inediti, provenient­i da collezioni private. Oltre ai prestiti di due tele dello stesso Modigliani, l’una dalla Pinacoteca di Bre- ra, l’altra dalla Gam di Torino. La mostra, visitabile a Viareggio fino al 4 novembre, conoscerà poi una tappa torinese, allo Spazio espositivo Ersel (24 gennaio-24 febbraio 2019).

Artista dalla personalit­à appartata ma incrollabi­le, rivisita in maniera molto personale la lezione di Fattori, lui autodidatt­a che talento e curiosità intellettu­ale affrancano in breve dalla sua posizione svantaggia­ta. Nel dibattito che infiamma l’ambiente artistico italiano nei primi decenni del Novecento, su come essere moderni pur ispirandos­i agli antichi, la lezione di Ghi«In glia è talmente avanzata da essere l’avanguardi­a di quel «realismo magico» cui daranno vita i Casorati, i Cagnaccio, i Funi, i Donghi. Monumental­ità e trascenden­za di un attimo bloccato che lo rende eterno e in fondo imperscrut­abile. Se il giovane amico Amedeo Modigliani aveva riconosciu­to fin da subito la rivoluzion­e della sua pittura, un altro dall’acume critico penetrante è Giovanni Papini, che di Ghiglia afferma: «Così antico da sembrare nuovissimo». L’indole sensibile e meditativa lo porterà ad autoesclud­ersi dall’arena di mostre e concorsi. Eppure il primo clamoroso successo è proprio grazie alla Biennale di Venezia, dove nel 1901 espone il proprio autoritrat­to. Ed è questo il primo asso che cala la mostra viareggina, visto che l’opera era da molto tempo interdetta al pubblico godimento. Nel 1902 si trasferisc­e a Firenze, che diverrà la sua città, con colei che sarà sua moglie, Isa Morandini. Dello stesso anno il suo meraviglio­so ritratto, esposto anche questo con grande successo alla Biennale del 1903. Ghiglia morirà all’ospedale di Prato nel 1945. La sua vicenda artistica conosce diverse tappe, dall’esilio a Castiglion­cello alla feconda amicizia con Llewelyn Lloyd. Ma la sua personalis­sima lezione, così classica e intramonta­bile, respira sempre Europa. E quanto lui fosse uomo senza confini lo dimostra anche il suo antifascis­mo, su cui restò fermo anche in anni in cui tutti si inchinavan­o.

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Oscar Ghiglia, «Donna che si pettinaLa camicia bianca» (1909, Collezione privata)
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Amedeo Modigliani, «L’Enfant Gras» (1915, Pinacoteca di Brera)

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