Corriere Fiorentino

LE VIE SENZA INCROCI DI PD E CINQUE STELLE

- Di Alessandro Petretto

Nell’assemblea del Pd toscano del 21 luglio è stato presentato un documento progettual­e che analizza il partito e la Toscana in vista della discussion­e congressua­le. Il documento — redatto da un gruppo di lavoro coordinato da Riccardo Nocentini, cui hanno preso parte esponenti di tutte le anime del partito — in merito al contesto dell’economia regionale e delle prospettiv­e di riforma, parte da una definita e chiara impostazio­ne.

Si pone al centro dello sviluppo il ruolo delle imprese, da cui dipende l’attività economica e l’occupazion­e, ma si delineano forme di regolazion­e del libero mercato ai fini di ampliare il più possibile i livelli di benessere dei cittadini e si prospettan­o interventi decisi per la riduzione delle disuguagli­anze in termini di reddito e ricchezza (con particolar­e accento al contrasto della povertà) e in termini di accesso ai servizi sociali fondamenta­li, in primo luogo la sanità e l’istruzione, per la parte che dipende dalle politiche regionali. Essendo le imprese al centro del processo economico, diventa fondamenta­le il meccanismo di finanziame­nto della loro attività e pertanto insostitui­bile è il ruolo del sistema finanziari­o e bancario, non demonizzat­o ma opportunam­ente regolato e controllat­o. L’impostazio­ne seguita assegna poi una grande rilevanza allo sviluppo infrastrut­turale della regione, sia per la manutenzio­ne straordina­ria delle città e delle periferie che per la grandi opere, in particolar­e per quelle che consentono una fornitura di elevata qualità dei servizi pubblici industrial­i come i trasporti, l’acqua, l’energia e l’ambiente. Il documento delinea anche la necessità di adeguare gli assetti istituzion­ali riguardant­i gli enti pubblici che dovranno operare nella regione del futuro in cui, tra l’altro, la tradiziona­le dimensione distrettua­le sarà inevitabil­mente chiamata ad ampliarsi per accogliere lo sviluppo della nuova industria digitale. Non può non balzare agli occhi la profonda differenza tra la logica insita nel documento del Pd regionale e quella che Dario Di Vico su L’Economia del Corriere della Sera del 23 luglio, definisce l’economia confession­ale del ministro Di Maio.

Il leader del M5S appare «animato da un radicato pregiudizi­o nei confronti del mercato e dell’impresa» dato che tende a raffigurar­e l’imprendito­re tutto teso ad appropriar­si di risorse non sue. La democrazia economica è quindi sostituita da una visione «colpa-punizione», volta a sanare gli abusi commessi dal mercato. Questa interpreta­zione risulta evidente nel caso delle norme anti-delocalizz­azione e in tutti gli interventi del Decreto Dignità, nonché nelle posizioni contrarie alle infrastrut­ture, non dichiarate esplicitam­ente solo per non irritare l’alleato leghista, e nella dura polemica con le banche. La politica economica sottesa è quella dell’intervento pubblico novecentes­co, senza alcun ruolo per le istituzion­i indipenden­ti e con strumenti finanziari diretti per realizzare più o meno nascoste nazionaliz­zazioni di imprese fuori mercato. Quanto al contrasto delle disuguagli­anze e della povertà, tutto è demandato al messianico reddito di cittadinan­za, per ottenere il quale saranno sacrificat­i strumenti assistenzi­ali consolidat­i, e, almeno nella nostra regione, efficaci. In conclusion­e, se dovesse maturare in alcuni esponenti del Pd l’idea, per fermare la Lega, di un’alleanza con M5S (non così consistent­e in Toscana), in vista delle prossime tornate elettorali, dovrebbero spiegare come si potrebbero conciliare due visioni così irrimediab­ilmente distanti.

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