«Io, senza cattedra, potrei accettare Ma che sofferenza»
Stefano Campo, 33 anni. Negli ultimi due professore di lettere all’Istituto Marconi di Prato. Iscritto alle graduatorie d’istituto in terza fascia. Insegnante per vocazione da…?
«Praticamente da tutta la vita. Almeno da quando ero liceale. Ho consacrato tuto il mio percorso a questo obiettivo, altrimenti non avrei studiato Lettere».
Possibilità di entrare di ruolo?
«C’è tanto, tanto da aspettare. Soprattutto il concorso, che da alcuni anni ci dicono potrebbe arrivare. E ancora nulla».
Il Ministro dei Beni Culturali propone ai precari dell’istruzione un cambio di vita per salvare la Biblioteca Nazionale in crisi di personale. Le andrebbe di fare il bibliotecario? «La mia prima reazione, di pancia, sarebbe negativa. Col cuore in mano gli direi: fammi fare questo benedetto concorso. Se non passo di ruolo, allora valuto altre professioni. Ma che fai, siccome gli accessi alla scuola sono bloccati, mi dai un’ultima spiaggia?»
Dunque, risponderebbe sì o no? «Preferirei avere un’opportunità nel mio ambito di formazione e passione. Quello del bibliotecario sarebbe un ripiego. Ma se fossi messo con le spalle al muro, con la morte nel cuore mi sentirei costretto ad accettare. Ma più che una scelta professionale, questo somiglierebbe molto a un lascia o raddoppia col tuo lavoro. Nemmeno Mike Bongiorno...»
Lascia o raddoppia?
«Dipende. Parliamo di un tempo indeterminato? Perché se mi fa fare il bibliotecario per un po’ e poi mi rimetti in corsa per una cattedra, nel frattempo mi sono passati tutti avanti. Il mondo della scuola non fa sconti: se esci non rientri più. In questo mestiere le motivazioni sono determinanti».