Quando il Maggio era punk
Al Museo Novecento i collage di Jarman per «The Rake’s Progress» del 1982 Storia di uno spettacolo scandaloso e di un maestro del cinema che a Firenze svelò la sua malattia
Al Museo Novecento, brilla una selezione di opere dalla collezione del Maggio Musicale, che dal 1933 ha trovato una propria specifica vocazione nella collaborazione con artisti di ogni orientamento, dalla scenaquadro immortalata da Giorgio de Chirico nei discussi dècors de I puritani di Bellini, fino alle neoavanguardie. Artisti a teatro, esposizione preziosa ideata da Sergio Risaliti e curata da Moreno Bucci, presenta una ampia scelta, focalizzando su un protagonista per decennio. Nel repertorio più recente, dagli anni ’80, tra Giacomo Manzù e Giulio Paolini, colpiscono i magnifici collage punk di Derek Jarman, tra i massimi registi del ‘900, che a Firenze realizzò due spettacoli.
Nel Maggio del 1982 firmò infatti scene e costumi per un memorabile The Rake’s Progress (La carriera di un libertino) stravinskijano, diretto da Ken Russell, con cui aveva già collaborato per due film: il celebratissimo I diavoli, successo di scandalo del 1971, con le magnetiche interpretazioni di Vanessa Redgrave e Oliver Reed, in cui aveva ricreato una città seicentesca imponente e il meno noto, ma notevolissimo, Messia selvaggio (1972), che narrava l’esistenza contrastata dello scultore Henri Gaudier-Brzeska, morto in giovanissima età. La produzione era stata contrastata, perché il Maggio avrebbe preferito Federico Fellini, ma la trattativa si arenò. Russell, chiamato a sostituirlo, aveva cercato in primo luogo come scenografo Michael Annals, anche perché Jarman lavorava a disperatamente alla complicata produzione del suo mirabile Caravaggio (1986), a cui attese per molti anni. Accettò quindi per sfida la proposta del regista, creando i bozzetti in forma di collage con ritmi impossibili, in soli dieci giorni, sulla base di una specifica richiesta del regista: «Il mito del libertino è eterno, e la Londra di oggi, con la sua cultura giovanile radicalizzata, i punk, mohican e new romantics, eguaglia in stravaganza quella dei dandies dell’Ottocento». Il risultato al Teatro della Pergola (l’opera era diretta magnificamente da Riccardo Chailly, protagonisti Cecilia Gasdia, Gösta Winbergh e Istvan Gati) fu dirompente, in un montaggio di icone della cultura di strada londinese, tra punk, gotici e new romantic: sullo sfondo di una desolata stazione della metro (il nome simbolico era quello di Angel), dove le incisioni di William Hogarth comparivano alle pareti come cartelloni pubblicitari, trionfava sul rovinato libertino Nick Shadow, ossia il diavolo, con un omaggio a Machiavelli, che ispirò per le sue teorie il nome anglicano del demonio: appunto Old Nick. Lo stesso regista racconta questa contrastata edizione nel suo diario Dancing Ledge: «C’è la tenutaria del bordello interpretata dal sopranista Michael Aspinall, travestito da Regina Madre, che dirige il coro vestito con le uniformi di fatica dei soldati delle Falkland. Il protagonista indossa una maglietta con l’immagine della Thatcher nei panni di un vampiro che tiene in mano un teschio: “ahimé, povera Inghilterra, io la conoscevo bene”, canticchia in mezzo a un gruppo di ballerini di Milano travestiti da pellirossa Mohicani. Nella scena dell’asta, il banditore John Dobson, mette in vendita una bambola gonfiabile, che mi ha fatto diventare matto, perché è roba che non si può vendere in Italia, e così la si è dovuta ordinare a Londra, e quelli della direzione si sono crucciati ancora di più, quando hanno saputo che costava settanta sterline». Jarman, pur critico di alcuni aspetti della città, in tutti i suoi ritorni venne folgorato dal Manierismo: nel 1982 realizzò un notevolissimo documentario Pontormo and Punks in Santa Croce: vicino alla chiesa dimorava nella pensione Elisa da cui vedeva: «il campanile di Giotto, intorno alle marmoree geometrie multicolori le taccole grigie volano in cerchio». Nel 1988, dopo il grande successo internazionale di Caravaggio, Orso d’oro a Berlino, Jarman tornò a Firenze per firmare la regia della prima assoluta de L’ispirazione di Sylvano Bussotti, protagonista Tilda Swinton, un’opera fantascientifica, tra futuro e passato remoto, che iniziava con la proiezione delle immagini fortissime di The Last of England.
Al cinema Alfieri il Maggio aveva previsto una sua retrospettiva in cui spiccava proprio quel magnetico film: il regista dichiarò di essere malato di Aids e il suo percorso fu risolutamente politico nel testimoniare la malattia, nell’epoca in cui scansavano i contagiati come se fossero ammalati di peste. In una intervista televisiva con Nico Garrone, Jarman intervistato al vecchio Comunale, disse che l’esperienza era stata magnifica: negli anni seguenti, sempre più ammalato, mentre dirigeva numerosi videoclip celebri per i Pet Shop Boys e gli Smiths, tornò varie volte a teatro, chiudendo la sua attività con una incantevole edizione de Le serve di Genet, allestita in una pasticceria illustre a Soho, la Maison Bertaux.
Il libertino di Stravinskij Nella Londra dei new romantic la tenutaria del bordello era travestita da Regina Madre