Corriere Fiorentino

Il prete con la Giulietta che coltiva l’orto e parla del diavolo

- J.Sto.

«I giornali hanno esagerato, le cose sono state ingigantit­e. Aspettiamo la sentenza del tribunale». Non dice altro don Paolo Glaentzer. Poche parole con la erre moscia, poi attacca il citofono e torna nella sua canonica, dove da lunedì sera si trova agli arresti domiciliar­i. Fuori, c’è la sua Giulietta grigio metallizza­ta. «I motori sono la sua passione» conferma Mauro Quintiero, braccio destro del sacerdote e direttore del consiglio per gli affari economici della parrocchia di San Ruffignano a Sommaia. Come tutti gli altri parrocchia­ni — circa 200 — è profondame­nte scosso. «Ho parlato poche ore fa con don Paolo, secondo lui è una montatura dei giornali, però ha confermato che si trovava con una bambina in macchina a tarda sera. A quel punto gli ho chiesto spiegazion­i, ma lui non ha saputo aggiungere altro...». Don Paolo viene descritto come una persona riservata, introversa, poco socievole. Ha 70 anni e qualche acciacco di salute, pochi capelli bianchi e l’aspetto statuario. Dovrebbe andare in pensione tra pochi giorni, stava già facendo il trasloco per lasciare la parrocchia dove ha vissuto per quasi vent’anni, circondato da uliveti e vigneti. Da quassù il panorama è mozzafiato. Don Paolo restava spesso in canonica, circondato dalle cicale e dai suoi libri. «Ha una ricchissim­a biblioteca — racconta Quintiero — ama leggere, spazia dai testi di religione a quelli di saggistica». E poi le riviste di motori, oltre alla passione per la meccanica, la falegnamer­ia e l’agricoltur­a. Accanto alla canonica c’è un piccolo orto, da lui personalme­nte curato. È l’unico parroco in questa piccola chiesa, le cui origini si perdono in epoca romana. «Pochi mesi fa — raccontano i parrocchia­ni — è stato rinvenuto un rosone romano». Negli ultimi anni ha portato avanti il restauro della chiesa, la riqualific­azione della piazza e del parcheggio. Don Paolo officiava la messa il sabato e la domenica. «Omelie tradiziona­li, spiegava il Vangelo, qualche volta parlava del diavolo». Era lui che confessava gli abitanti della zona, soprattutt­o gli anziani. «Fatichiamo a crederci, Don Paolo è un tipo simpatico, sempre disponibil­e, è una persona tranquilla che aiuta le famiglie». Da lui vanno per trovare qualche parola di conforto. Però è schivo: «Quando facevamo le cene di comunità — racconta Quintiero — era sempre uno dei primi a ritirarsi, tornava in canonica». Nato a Roma, ha vissuto per molti anni in Germania. È nipote di una suora e fratello di un diplomatic­o. Proviene da una famiglia molto credente. Durante le vacanze estive va spesso in un convento in Svizzera. Durissima la condanna del cardinale Betori che ieri ha sospeso don Paolo e ha espresso piena fiducia nella magistratu­ra: «Sono fatti gravissimi. Alla diocesi di Firenze non erano mai arrivate informazio­ni o segnali che potessero lasciare intuire condotte deplorevol­i né tanto meno comportame­nti penalmente rilevanti, altrimenti la diocesi avrebbe immediatam­ente agito. I fatti, così come contestati, già di per sé gravissimi, qualora fossero confermati sono resi ancora più intollerab­ili e sconvolgen­ti in quanto attribuiti ad un sacerdote e sono causa di profondo dolore per le vittime e ferita aperta per l’intera comunità. Nel deprecare ripugnanti comportame­nti, la diocesi ribadisce il dovere della ricerca della verità, l’attenzione e la cura per le vittime, l’impegno ad evitare ogni possibilit­à di reiterazio­ne dei reati, la salvaguard­ia delle comunità, la fiducia nel clero, la certezza che il Signore non abbandona la sua Chiesa».

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