E su Peretola il M5S cambia ancora: «Rimpiccioliamolo»
«Era una provocazione, ma se non è stata capita, ho sbagliato io». Giacomo Giannarelli, capogruppo del M5S in Consiglio regionale, aveva fatto arrabbiare tutti i «no pista», nel senso di Peretola, con le sue dichiarazioni che sembravano aprire ad una pista parallela a 2 mila metri. Dopo giorni di reprimenda sui social, ecco l’incontro di lunedì sera a Campi, a fianco anche dell’ex candidato pentastellato Fabio Zita: serve per spiegare che il M5S non solo è contrario alla pista parallela, ma anche allo scalo attuale, che vogliono ridimensionare. «Basta chiacchiere — ha spiegato Giannarelli — la nostra contrarietà all’ampliamento non è ideologica, ma per lo sviluppo e sostenibilità della Piana». E quindi? «La politica deve dare degli indirizzi. Poi sta ai tecnici proporre un progetto che deve essere valutato da altri tecnici». E l’indirizzo è chiaro: «L’unico aeroporto strategico nazionale è Pisa. Vogliamo il ridimensionamento di Firenze». Peretola addirittura «più piccolo» di adesso. Ma dopo aver dato l’«indirizzo politico», Giannarelli spiega il metodo che vogliono utilizzare: dopo aver dato l’indirizzo politico, ci vuole un progetto esecutivo, «non un semplice Masterplan», e «saranno i tecnici a dirci cosa è possibile fare». Ma una cosa è certa: «Quando diciamo vogliamo un aeroporto più piccolo, intendiamo più piccolo rispetto all’esistente, non più piccolo rispetto al Masterplan da 2.400 metri» spiega Giannarelli, affermando che le uscite contrarie al progetto di pista parallela a Peretola fatte dal ministro Danilo Toninelli sono arrivate «su mia indicazione». Il video l’hanno guardato in tanti, anche nel Pd. Tra chi ha visto il video, il deputato Gabriele Toccafondi di Civica Popolare: «Lunedì sera “grande” riunione con 50 partecipanti a Campi Bisenzio tra 5 Stelle e No Pista e si sono spaccati subito: i 5 Stelle sono per far decidere ai tecnici l’inclinazione della pista, i No Pista sono per l’allungamento della pista attuale, interramento dell’autostrada e creazione di pista di rullaggio. Questi sono i risultati della “decrescita felice”».
In Ferrovie finisce l’era di Renato Mazzoncini. E Firenze, e la Toscana, si domandano che fine faranno tutti i progetti e programmi di sviluppo, a partire dal Nodo Tav di Firenze. Mazzoncini è stato «dimissionato» dal governo M5S-Lega, con lui finisce anche l’era «renziana» della spa pubblica. Perché Mazzoncini, prima di diventare Ad di Fs, è stato presidente e Ad di Ataf, dopo aver vinto, con BusItalia (società di Ferrovie) la gara per la privatizzazione — voluta dall’allora sindaco Matteo Renzi — della società fiorentina dei bus. Così quando Mazzoncini è arrivato ai vertici di Ferrovie, la sua nomina (come l’arrivo nel Cda di Federico Lovadina, avvocato fiorentino, renziano, amicissimo e collega del deputato Francesco Bonifazi e dell’assessore Federico Gianassi) è stata vista come emanazione diretta dell’ex premier fiorentino.
La scelta di azzerare i vertici di Ferrovie è arrivata ieri intorno alle 14 dallo stesso ministro. «Ho appena firmato la decadenza dell’intero Cda di Fs per chiudere con il passato. Siamo il governo del cambiamento e pensiamo che non esista attività industriale, soprattutto se prodotta al servizio dei cittadini, che non abbia un risvolto etico. Ora la barra si sposta sui treni regionali e sui pendolari in termini di sicurezza e di qualità dei loro spostamenti. E in tutto questo la “cura del ferro” ha un ruolo fondamentale». «Un bel rinnovamento», aveva già fatto capire poche ore prima.
Per far cadere il Cda, Toninelli ha utilizzato una norma della legge Frattini che consente di cancellare anche i board, oltre che i dirigenti, nominati nell’ultimo semestre dei governi (il «semestre bianco»): il Cda attuale era infatti stato rinnovato da parte del governo Gentiloni proprio in chiusura di mandato. Ma è la prima volta che viene usata per i Cda: probabilmente, buona parte dei membri farà ricorso, contestando la scelta, non motivata se non per un principio di «spoils system»,