Signorini: la mia Mimì, che seduttrice
Il direttore di «Chi» firma la regia della «Bohème» al Festival Puccini: lontano dagli stereotipi
Se gli chiedi se ci ha preso gusto risponde entusiasta: «Certo che sì! Era prevedibile. L’opera è per me la passione di una vita, a lungo accantonata. Ora, a cinquant’anni, eccomi qui!». Sprizza gioia Alfonso Signorini, re dell’italico gossip come direttore del vendutissimo Chi. Ma, se ne facciano una ragione coloro che si scandalizzano di certi talenti pettegoli, è persona di rara cultura e profondità. Cultura musicale innanzitutto (suona il piano e ha assistito alla sua prima opera all’età di cinque anni, grazie al nonno grande melomane), oltre a una tesi di laurea su un’epistola dell’umanista Lorenzo Valla. Così, domani, sarà sua la regia de La Bohème che debutterà domani sul palcoscenico di Torre del Lago. Secondo titolo che Signorini firma per il Festival Puccini, dopo il successo di Turandot, che inaugurò l’edizione 2017 del festival. «Ognuno ha avuto una propria Bohème nella vita — ci dice — C’è tutto un mondo emozionale che ognuno di noi ha almeno una volta vissuto. Questo è il Puccini migliore e peggiore, perché lui sapeva di entrarci nella pancia e ci pigiava tantissimo. Ci sono pagine di immenso lirismo. Che io cerco di sfruttare al massimo. Mi sono documentato, non solo con il romanzo di Murger, e rifuggo da certi stereotipi. La protagonista, Mimì, non è quella figura angelicata a cui ci hanno abituato. È lei che seduce Rodolfo, spegne il lume dopo aver atteso dietro la porta il momento in cui gli amici se ne vanno e lui resta solo. Ma alla fine forse l’amore più vero è quello fra Marcello, che si dimostra più uomo di Rodolfo, e Musetta. Ho voluto omaggiare spudoratamente il mondo dell’Impressionismo. Nella soffitta si trovano a ciondoloni anche croste di Manet o Renoir, che per i contemporanei non valevano nulla, e nel terzo atto si riprende un quadro di Monet, La gazza». La Turandot firmata da lui ha già conosciuto nell’odierna stagione una ripresa che ha fatto il sold out. Complice la presenza dei ballerini di Amici. «Col marchio di Amici abbiamo richiamato tanti giovani. Ho chiamato fior di professionisti, usciti dalle migliori accademie di danza. Il teatro era strapieno di ragazzi, che per la prima volta hanno assistito a un’opera lirica. Restandone incantati. E anche Maria De Filippi era felice di aver contribuito un poco alla diffusione dell’opera lirica. Che, non dimentichiamolo, nasce come genere popolare».
Dopo il successo delle trasferte a San Pietroburgo e a Tiblisi («sempre sold out, ho curato anche la mia prima regia verdiana, Simon Boccanegra») le proposte fioccano. «Io faccio un altro lavoro, ho dovuto dire tanti no. Non per snobismo, ma sono molto impegnato. Il teatro, che conta 4.000 posti, è già esaurito. Un bel traguardo. La vita è proprio bella. Non mi ha risparmiato nulla, nel bene e nel male. Sono stato anche in pericolo di vita. Ma poter iniziare questo nuovo capitolo, un sogno che si realizza, mi ha insegnato a guardare con grande ottimismo al futuro». Sul podio, per la prima di domani, Alberto Veronesi. Gli interpreti sono giovani ma affermatissimi, belli e pieni di talento: Elena Mosuc come Mimì, Francesco Demuro Rodolfo. Si replica il 3 agosto con altro cast.
La protagonista non è una figura così angelicata Alla fine forse l’amore più vero è quello tra Marcello e Musetta Sono felice del successo delle repliche di Turandot