Matematica, il «Nobel» ad un normalista (però insegna a Zurigo)
Barone, direttore della Normale: la politica? Festeggia, ma non ci aiuta
«È una giornata di gioia, siamo orgogliosi di questo risultato eccezionale: così continua la storia della Scuola Normale. I nostri studenti si laureano all’Università di Pisa, dove il livello del Dipartimento di Matematica è assolutamente elevato, e da noi svolgono altre attività. Non possiamo però non ricordare che non siamo supportati, né ascoltati dal nostro Paese». Vincenzo Barone, direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, è entusiasta del premio conferito ad Alessio Figalli, che proprio qui si è laureato in matematica e ha conseguito il dottorato. Una carriera, quella di Figalli, nata per «gioco» alle Olimpiadi di Matematica a cui ha partecipato durante gli studi al liceo classico. Da lì la decisione di iscriversi alla Normale, fucina di geni noti a livello internazionale. Però, ha sottolineato il giovane matematico, in Italia «non ho neanche provato la carriera accademica»: perché formiamo geni che poi lasciamo scappare all’estero?
L’assegnazione della Medaglia Fields a Figalli e i ranking internazionali, testimoniano che la Scuola fondata da Napoleone riesce a formare ancora oggi talenti, sia nel campo delle scienze che in quella di lettere. «Sono due classi equivalenti che ci hanno dato Ciampi, Fermi e Figalli. L’unica differenza è che mentre chi proviene dalla classe umanistica, lavorando in economia e politica, riesce a realizzarsi in Italia, chi invece si laurea nel campo scientifico si realizza in altri Paesi. Su questo andrebbe fatta una riflessione», dice il direttore. Non solo i cervelli italiani scappano all’estero, ma quelli stranieri non vengono in Italia, «neanche in istituzioni come la nostra. Questo dipende dalla visibilità dell’Italia in campo scientifico, su cui personalmente posso fare poco, ma anche dal fatto che non sono in grado di offrire ai migliori cervelli le stesse condizioni offerte — invece — da altri Paesi. Questo è molto grave», prosegue Barone. I traguardi raggiunti dai cervelli italiani, dunque, si scontrano con dei finanziamenti alla ricerca che il direttore della Scuola Normale definisce «ridicoli». Barone lo ha detto in passato, ma adesso lo ripete a gran voce e sollecita il nuovo governo a dare davvero un segnale di discontinuità rispetto a quanto fatto in passato. «Occorre investire su tutto il sistema. Le università grandi e generaliste devono gestire numeri elevati di persone nel modo migliore possibile; il nostro compito è quello di gestire numeri ristretti, guardando al merito e all’eccellenza, senza compromessi, ed essendo laboratori di sperimentazione». Inoltre, se si vuole andare alla ricerca dell’eccellenza, secondo il direttore, occorre farlo secondo criteri e fondi adeguati. «Non esiste la ricerca di alto livello a costo zero. E l’eccellenza di un’istituzione non dipende dalla sua dimensione».
La politica italiana, dice Barone, finora non ha incentivato le sue migliori menti a rimanere in Italia. Non stupisce che Figalli abbia trovato grandi possibilità lavorative oltralpe — dal 2016 insegna al Politecnico di Zurigo — «opportunità che in Italia non riesce ad offrire. Qui Figalli avrebbe vinto senza problemi un concorso, ma perché avrebbe dovuto farlo in Italia, dove lo stipendio di docente è uguale per tutti?», domanda retorica, visto che la retribuzione dei professori normalisti è la stessa delle altre università. «Sarebbe meglio se lo Stato non utilizzasse il nostro nome dicendo che nei risultati che raggiungiamo da soli c’è un qualche merito della politica, perché non c’è». Oltre al cambio di rotta, Barone chiede al governo anche l’introduzione di una certa flessibilità dei fondi che la Normale riesce a procurarsi. Al di là del sottofinanziamento cronico della ricerca italiana, manca infatti un certo grado di flessibilità affinché istituzioni come la Normale possano offrire condizioni di lavoro ed economiche diverse a seconda del merito. «Neanche ad un’istituzione come la nostra viene riconosciuta la dignità e il diritto di fare delle scelte in assoluta libertà e di verificarne dopo i risultati. Lo trovo offensivo ed indegno — conclude Barone — c’è una malintesa idea per cui i docenti e i ricercatori italiani non hanno etica, dignità e moralità; devono essere controllati preventivamente come se fossero dei delinquenti. Non siamo tutti ladri. I controlli ci devono essere, ma possono essere fatti a posteriori».
Tanti ostacoli
Il nostro Paese ha poca visibilità internazionale in campo scientifico Ma soprattutto non riesce a offrire ai cervelli più brillanti le stesse condizioni di altri Paesi
Poca meritocrazia
Qui Figalli avrebbe vinto senza problemi un concorso. Ma perché avrebbe dovuto farlo visto che lo stipendio è uguale per chi eccelle e per chi non lo fa?