Il primo pranzo di Isabela, al Meyer
Brasiliana, nel suo Paese era stata definita «senza speranza»: salvata dal team di Morabito
Quando l’avevano operata per la seconda volta, in Brasile, i medici avevano spiegato ai genitori che forse sarebbe stato inutile svegliarla dall’anestesia. Per Isabela, 14 anni appena, sembrava non ci fossero speranze a causa di una forma gravissima della sindrome genetica da intestino corto. Ma a Firenze, all’ospedale pediatrico Meyer, hanno fatto un’impresa: dopo sei ore di intervento e oltre tremila punti di sutura, appena sveglia dall’anestesia, Isabela ha subito capito che ce l’aveva fatta. Ha alzato due dita in segno di vittoria. E dopo pochi giorni, per la prima volta in vita sua, ha potuto mangiare pasta, carne, pesce, latte, senza doversi alimentare con le flebo che l’avevano accompagnata per tutta la vita.
A compiere la difficilissima operazione è stata l’unità di ricostruzione intestinale guidata dal professor Antonino Morabito, l’ultimo grande «acquisto» del Meyer e dell’Università di Firenze, un cervello in fuga riportato in Italia dopo una lunga esperienza a Manchester, in Inghilterra. Prima del suo intervento, le condizioni di Isabela, cui dopo le due operazioni in Brasile non erano state date speranze di sopravvivenza, erano gravissime. L’intestino, per una patologia congenita, era corto, appena 30 centimetri (contro i due metri che sarebbero la norma a quell’età), e soprattutto dilatato al punto da portare il cibo a stagnare, provocando infezioni batteriche. Nella sala operatoria del Meyer, è stata così applicata una tecnica chirurgica innovativa chiamata «Spiral Intestinal Lengthening and Tailoring»: tolte le grappette metalliche dei precedenti interventi, l’intestino della piccola non è stato solo ristretto e disteso fino a 50 centimetri, ma è stato anche reso funzionante.
Così, in pochi giorni Isabela ha potuto prima ridurre la nutrizione per endovena, poi sospenderla, iniziando finalmente a digerire vero cibo: per 14 anni, oltre alle flebo, la sua alimentazione si era limitata a riso bianco e acqua, ora ha potuto assaggiare per la prima volta la pastasciutta, il pesce, la carne. Dal 6 luglio, data dell’intervento, la ragazzina è stata seguita da un team multidisciplinare del quale fanno parte, tra chirurghi, anestesisti, gastroenterologi, dietiste, pediatri e psicologhe. Negli ultimi giorni è stata dimessa dal ricovero in reparto ed è rimasta sotto osservazione in uno degli appartamenti messi a disposizione dei pazienti da parte della Fondazione Tommasino Bacciotti.
Stamani, grazie a dei tempi di recupero prodigiosi che hanno sorpreso i suoi stessi medici, Isabela potrà lasciare la casetta, prendere l’aereo e tornare in Brasile: domani è il suo quattordicesimo compleanno, «e siamo contenti di essere riusciti a regalarle la possibilità di festeggiare a casa e non in ospedale — dice Morabito — Lei è molto felice». Per Isabela è l’inizio di una nuova vita. Per il Meyer, l’inizio di un nuovo fronte chirurgico, tanto che quello della giovane brasiliana è stato solo il secondo intervento su un intestino corto compiuto dal professor Morabito al Meyer, visto che era sbarcato a Firenze lo scorso maggio: «Per noi è un onore aver portato questa specialità al Meyer, che adesso è l’unico centro europeo per la cura di questa patologia e che colloca il nostro ospedale al livello dei più importanti centri mondiali — dice il chirurgo e docente universitario — Abbiamo avviato un percorso che apre interessanti prospettive terapeutiche e di ricerca, in direzione di una medicina sempre più personalizzata».
Il chirurgo Domani è il suo compleanno e grazie alla grande ripresa siamo riusciti a farla festeggiare a casa e non in ospedale