Toghe in viaggio per salvare il Tribunale
Gli avvocati dell’Elba a Roma con commercianti e istituzioni contro la chiusura
È prevista entro il 31 dicembre la chiusura del Tribunale dell’isola d’Elba e per questo un gruppo di avvocati, assieme a commercianti e istituzioni, è partito in pullman verso Roma, per far sentire la propria voce contraria all’operazione. Intanto però, a salvare il Tribunale potrebbe essere l’approvazione in Parlamento di un emendamento del senatore leghista Manuel Vescovi.
Sveglia alle 5 di mattina, traghetto e via in pullman verso Roma sventolando la bandiera dell’Elba. No, non sono ultras del calcio in trasferta, ma i cinquanta tra avvocati, sindaci e rappresentanti dei commercianti che ieri hanno raggiunto la Capitale per dire no alla chiusura del tribunale dell’isola.
Perché se nel 2015 la sezione distaccata di Portoferraio — finita nell’elenco degli uffici da tagliare già all’epoca della spending review del governo Monti — fu salvata grazie ad una proroga di due anni, stavolta il destino sembra segnato: il decreto Milleproroghe ne prevede la chiusura al 31 dicembre 2018. A meno che non vada a buon fine l’operazione del senatore e segretario toscano della Lega Manuel Vescovi, il quale ha presentato un emendamento che, se approvato, salverebbe davvero il tribunale.
E il pullman di avvocati e sindaci è partito dall’Elba proprio per dare man forte a Vescovi, la cui iniziativa è di fatto contro il suo governo.
Le proteste contro la chiusura del tribunale sono trasversali, dal Pd a Forza Italia, ma è nel Carroccio — partito dove la disciplina è quasi un totem, tanto che qualche leghista dice scherzosamente «sì, siamo un po’ leninisti...» — che si gioca la partita decisiva. Se tutta la Lega sosterrà l’iniziativa di Vescovi, il tribunale sarà salvo. Altrimenti no.
«L’emendamento andrà in aula lunedì o martedì. Io rispetterò la volontà del mio partito, qualunque essa sarà — dice Vescovi — ma la battaglia per il tribunale è giusta e va fatta».
La pensano così anche il deputato e avvocato di Castiglioncello Manfredi Potenti, che ricorda come nel contratto di governo M5S e Lega abbiano promesso sulla giustizia «un servizio più vicino alla gente», e il responsabile del Carroccio dell’Elba Marco Landi, che si è prodigato per organizzare il viaggio di ieri. «Non si capisce perché hanno salvato il tribunale di Ischia e il nostro no — dice Landi — Un avvocato elbano per andare ogni giorno a Livorno impiegherebbe ore di viaggio, tra auto e traghetto. E poi nel carcere di Porto Azzurro ci sono 300 detenuti: ad ogni udienza li portiamo con la scorta in terraferma?
Ma lo sanno quanto costerebbe allo Stato?».
Con lui sul pullman diretto a Palazzo Madama ci sono il presidente dell’Ordine degli avvocati di Livorno Valter Maccioni e il presidente dell’Associazione Forense dell’Elba Paolo Di Tursi, che ha preparato un documento con tutti i numeri precedenti alla riforma messa a punto dal governo Monti e applicata dai successori (ad oggi esecutivo Conte incluso, per quanto riguarda l’Elba).
In pochi anni, per effetto dei tagli e dei trasferimenti di molti fascicoli a Livorno, si è già passati da circa 1000 procedimenti civili e 194 penali, ultimi dati prima della riforma del 2012, agli attuali 208 civili e 168 penali.
«Prima si azzera il contenzioso, poi se ne sottrae una parte rilevante spostandola alla sede centrale, infine — scrive Di Tursi — si sostiene la tesi fuorviante che l’ufficio di Portoferraio ha numeri ridotti per poter funzionare effettivamente». Una beffa che val bene una trasferta a Roma.