Corriere Fiorentino

L’ACQUA PUBBLICA E UN PATRIMONIO DA NON DISPERDERE

- di Alfredo De Girolamo*

Caro direttore, l’indicazion­e fornita all’assemblea dell’Autorità Idrica Toscana da parte dei sindaci della conferenza territoria­le 3, cioè dell’area metropolit­ana fiorentina, pratese e pistoiese, apre una fase decisiva sulla gestione del servizio idrico a Firenze e in Toscana, con la scelta di un’azienda tutta pubblica in house, dopo la scadenza delle concession­i in essere. La Toscana, 20 anni fa, aveva fatto la scelta della società a capitale misto con gara per il partner privato. Quella scelta, forte della legislazio­ne di allora, muoveva dalla constatazi­one di un quadro di gestioni frammentat­e e in molti casi dalla necessità di un partner che sostenesse in parte una mole di investimen­ti enormi da attivare. La Toscana nel 2000 usciva da un decennio di blocco degli investimen­ti in acquedotto e depurazion­e e la sfida di allora ha raggiunto gli obiettivi auspicati: gestione unitaria, investimen­ti, efficienza, qualità dei servizi, innovazion­e e cultura industrial­e, depurazion­e e acqua finalmente bevibile. È indubbio che si è chiusa una fase industrial­e, e oggi si può guardare al futuro con serenità, potendo scegliere anche moduli gestionali diversi. La normativa sugli affidament­i è cambiata, gli incrementi tariffari possono cominciare a stabilizza­rsi. La scelta di un modello pubblico di gestione, indicata da Dario Nardella e assunta dall’assemblea dei sindaci, è quindi possibile per il futuro: le attuali aziende idriche a maggioranz­a pubblica hanno acquisito profession­alità e capacità industrial­i che non esistevano 20 anni fa. Per come è definito dalla legge nazionale e regionale, la scelta di un gestore tutto pubblico nell’area dove scade la prima concession­e condiziona la scelta futura per tutta la Toscana. Un aspetto che andrà quindi considerat­o nei prossimi mesi coinvolgen­do i Comuni della Toscana. Un’azienda toscana tutta pubblica sarebbe una delle prime 5 aziende italiane, e se la normativa nazionale venisse migliorata, potrebbe quotarsi in Borsa. Come si è visto nelle scorse settimane avere come partner una società posseduta da altre amministra­zioni comunali, significa risentire delle vicende politiche di quei territori. Un’azienda in house oggi è condiziona­ta da una legislazio­ne (decreto Madia) molto complessa e deve misurarsi con la difficoltà per le amministra­zioni locali di capitalizz­are una tale azienda in modo adeguato. Finanziare investimen­ti e garantire efficienza e cultura di impresa sono le due sfide per i soci pubblici di una in house e per i regolatori locali e nazionali. Qualunque sarà la scelta che assumerann­o i sindaci toscani, l’importante è non disperdere il patrimonio di questi anni e non legarsi a un quadro di assetto gestionale complesso e pieno di ostacoli.

*Presidente di Confserviz­i Cispel Toscana

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