L’ACQUA PUBBLICA E UN PATRIMONIO DA NON DISPERDERE
Caro direttore, l’indicazione fornita all’assemblea dell’Autorità Idrica Toscana da parte dei sindaci della conferenza territoriale 3, cioè dell’area metropolitana fiorentina, pratese e pistoiese, apre una fase decisiva sulla gestione del servizio idrico a Firenze e in Toscana, con la scelta di un’azienda tutta pubblica in house, dopo la scadenza delle concessioni in essere. La Toscana, 20 anni fa, aveva fatto la scelta della società a capitale misto con gara per il partner privato. Quella scelta, forte della legislazione di allora, muoveva dalla constatazione di un quadro di gestioni frammentate e in molti casi dalla necessità di un partner che sostenesse in parte una mole di investimenti enormi da attivare. La Toscana nel 2000 usciva da un decennio di blocco degli investimenti in acquedotto e depurazione e la sfida di allora ha raggiunto gli obiettivi auspicati: gestione unitaria, investimenti, efficienza, qualità dei servizi, innovazione e cultura industriale, depurazione e acqua finalmente bevibile. È indubbio che si è chiusa una fase industriale, e oggi si può guardare al futuro con serenità, potendo scegliere anche moduli gestionali diversi. La normativa sugli affidamenti è cambiata, gli incrementi tariffari possono cominciare a stabilizzarsi. La scelta di un modello pubblico di gestione, indicata da Dario Nardella e assunta dall’assemblea dei sindaci, è quindi possibile per il futuro: le attuali aziende idriche a maggioranza pubblica hanno acquisito professionalità e capacità industriali che non esistevano 20 anni fa. Per come è definito dalla legge nazionale e regionale, la scelta di un gestore tutto pubblico nell’area dove scade la prima concessione condiziona la scelta futura per tutta la Toscana. Un aspetto che andrà quindi considerato nei prossimi mesi coinvolgendo i Comuni della Toscana. Un’azienda toscana tutta pubblica sarebbe una delle prime 5 aziende italiane, e se la normativa nazionale venisse migliorata, potrebbe quotarsi in Borsa. Come si è visto nelle scorse settimane avere come partner una società posseduta da altre amministrazioni comunali, significa risentire delle vicende politiche di quei territori. Un’azienda in house oggi è condizionata da una legislazione (decreto Madia) molto complessa e deve misurarsi con la difficoltà per le amministrazioni locali di capitalizzare una tale azienda in modo adeguato. Finanziare investimenti e garantire efficienza e cultura di impresa sono le due sfide per i soci pubblici di una in house e per i regolatori locali e nazionali. Qualunque sarà la scelta che assumeranno i sindaci toscani, l’importante è non disperdere il patrimonio di questi anni e non legarsi a un quadro di assetto gestionale complesso e pieno di ostacoli.
*Presidente di Confservizi Cispel Toscana