Addio al pittore avventuroso amico dei giovani
È morto a Firenze Alfio Rapisardi. Ha esposto in tutta Italia e anche in «Amici miei»
«Non c’è nulla da capire, non c’è nulla da sapere. C’è solo da vivere giorno per giorno. Non c’è niente da capire», diceva Alfio Rapisardi, pittore fiorentino che ieri è morto a 89 anni in un posto che non gli piaceva: Montedomini. Per oltre sessanta anni Rapisardi ha dettato — col suo stile — una visione ben precisa dell’arte. Si è sempre mosso tra misticismo e figurativo, inquadrando facce di uomini di donne. E di Madonne, spesso contemporanee, spesso impresse con colori forti, la mano usata come pennello che scava. Oggi il suo corpo sarà esposto alle Cappelle del Commiato,a Careggi: domani sarà cremato. Lui voleva così. «Era un maestro, uno degli ultimi maestri — dice il pittore Gianbaccio che lo ha frequentato negli ultimi 15 anni — Era sensibile ai giovani: chiedeva, si informava, mai stato invidioso, ci incoraggiava». Era un maestro, sul serio. Sul proprio profilo Facebook ci sono molti artisti contemporanei che lo ricordano. «Ciao Fratellone, onore a Te», scrive Moradi in un post. Rapisardi aveva uno stile inconfondibile, come la sua vita. Una vita avventurosa, quasi sempre al limite, una vita piena di donne, di donne bellissime. «Era diventato ricco in gioventù per poi finire povero. Gli ultimi anni viveva in una piccola casa in via del Ponte Sospeso: la sistemazione l’avevano trovata, per fortuna, i servizi sociali — dice Giambaccio — Ma aveva avuto case bellissime, come a Santa Croce. E anche un castello era riuscito ad avere, sulla Futa».
Aveva uno stile inconfondibile e una personalità ingombrante. Una volta il pittore Sergio Chia disse: «A Firenze non c’è la transavanguardia? Beh, impossibile ci sia: a Firenze c’è Rapisardi». Continuava a dipingere e lo ha fatto fino a quando ha potuto. Ha esposto nei musei e nelle gallerie più importanti d’Italia, tenendo sempre ben presente le tele del Rinascimento, i colori vermigli del Pontormo, le facce urlate di Francis Bacon. Sue anche alcune opere che si vedono nel film Amici miei del 1975. «Ha avuto tantissimo dalla vita perché la vita la viveva sul serio», dice Giambaccio. Una delle ultime esposizioni è stata proprio a Firenze. Nel dicembre del 2016 ci fu la mostra surrealista Dalì a qui: The Misfits, curata da Weronika Kozior: selezione di litografie e sculture originali del maestro del surrealismo che furono esposte nelle sale del Magazzino n.5 del Museo Bellini. Accanto alle opere dell’artista spagnolo furono scelti alcuni avanguardisti fiorentini chiamati a conversare con lui in una sorta di dialogo ideale. Tra di loro c’era, appunto, Alfio Rapisardi, un pittore che ha sempre mantenuto invariate le sue quotazioni. Come invariato è rimasto il suo stile tutto dandy, tutto suo, tutto fiorentino.
Giambaccio Era uno degli ultimi maestri, ha continuato a dipingere fino all’ultimo