Ricorso respinto Biffoni porta il club in Procura
Scambio di accuse tra Biffoni e Toccafondi. Il futuro del club è incerto
Il venerdì nero del calcio pratese. La squadra della città, la A. C. Prato, è stata condannata alla serie D dalla Lega per mancanza dello stadio, la cui concessione è stata revocata dal Comune. Il possibile compratore della società è rimasto a mani vuote e protesta, il proprietario Paolo Toccafondi mantiene le quote del club ma con la squadra retrocessa. E il sindaco — da giugno mediatore per la vendita — teme macchinazioni e porta le carte in procura.
Questa partita, come accade raramente, sembrano averla persa davvero tutti. E riannodare la matassa delle responsabilità nella delusione generale è un esercizio complesso. Il 3 agosto è la fine di tutto, ma per andare a monte è necessario precisare che il club è da 40 anni in mano a una famiglia — i Toccafondi — che definire invisi alla tifoseria è eufemistico. Tra i supporter della curva Ferrovia che volevano che il presidente lasciasse c’era anche Matteo Biffoni, che nel frattempo ha indossato la fascia tricolore e si è fatto garante della ricerca di un comparatore per il Prato «a zero euro».
Scouting, incontri, mediazioni sotto la calura estiva: alla fine, il più credibile all’uscio, sembra l’avvocato italo-canadese Joseph Romano. Si preparano le carte, ma la cessione non viene registrata. Biffoni s’insospettisce: non si fida di Toccafondi, che vorrebbe mantenere un piede nella società. Così parte la revoca del Comune alla concessione dello stadio Lungobisenzio: il sindaco se lo tiene finché non vede la firma sulla compravendita. Che almeno sino a ieri, non c’è stata.
In assenza dello stadio la Lega Calcio, ieri, ha bocciato la richiesta di ripescaggio del Prato in Serie C. Romano dal Canada protesta con il sindaco, da cui si sente «deluso». I tifosi tacciono, attoniti, in attesa di capire. Biffoni, per tutta risposta, spiega che se l’avvocato e Toccafondi avessero voluto formalizzare la cessione, tutto sarebbe «finito nel migliore dei modi». E affonda il colpo finale: «Avendo avuto modo solo in questi ultimi giorni di entrare in possesso della documentazione, paiono evidenti delle zone d’ombra tali da farci dubitare della genuinità dell’operazione. In considerazione di ciò l’amministrazione doverosamente trasmetterà i documenti alla locale Procura della Repubblica per le verifiche e gli accertamenti del caso». Il primo cittadino va dai magistrati e il messaggio è chiaro: secondo lui era una finta vendita.
«Il sindaco in Procura? Magari», dice lapidario Toccafondi, che spiega di non voler commentare fino a lunedì.