«La colpa è nei toni della politica: chi è razzista ora si sente coperto»
Taradash: il mio centrodestra è finito, da tempo prevale la destra fascista
La colpa delle aggressioni a sfondo razzista, come quella di cui è stato vittima ieri notte il giovane gambiano a Vicofaro? «È della politica». Marco Taradash, storico militante radicale, a lungo parlamentare e consigliere regionale nelle fila di Forza Italia, se la prende con la nuova «destra-centro». Che non esita a definire «fascista».
Marco Taradash, l’Italia è un Paese razzista?
«No, o almeno non lo è più di altri Paesi. In realtà, il razzismo si annida in ogni essere umano, e se c’è qualcuno che sollecita questi istinti, è più facile che vengano alla luce. È già successo sotto il fascismo e il nazismo, quando la politica ha usato il male, il lato peggiore delle persone, per ottenere consenso. Lo stesso stanno facendo alcuni rappresentanti dell’attuale governo».
Può essere la politica responsabile di queste aggressioni razziste, con tanto di pistola?
«I toni usati dalla politica raccontano al razzista che il male che ha dentro non è poi così male. E il razzista quindi si sente in diritto di far emergere quel che prima teneva nascosto. È come nella Germania dell’Est o nella Romania comuniste, quando la delazione del vicino di casa era diventata normale, perché lo Stato insegnava che era un servizio reso alla verità, era un fatto buono. Questi messaggi martellanti dall’alto scavano nel peggio dell’essere umano».
È davvero così cambiato il centrodestra?
«Il centrodestra non esiste più, è finito da molti anni, è al massimo un destra-centro da tempo, già prima delle elezioni sapevamo che Lega e Fratelli d’Italia avevano più voti di Forza Italia. La destra da tempo ha finito per prevalere, e intendo la destra fascista».
Ma al governo c’è anche il Movimento Cinque Stelle.
«I Cinque Stelle non hanno contenuti ideologici, l’unico loro principio è il potere per il potere».
Nel razzismo non ci sarà una radice più profonda?
«Il rapporto degli italiani con gli immigrati è sempre stato, non dico di solidarietà, ma almeno di accettazione di qualcosa di difficile da sopportare ma controllabile. Poi è arrivato chi, come Salvini, ha creato nel corso degli anni una “Lega nazionale” e ha cominciato a martellare con l’emergenza stranieri, dicendo che sono violenti, che ci portano via il posto di lavoro. È un’operazione piuttosto semplicistica, fatta da una “destra caviale” che nelle periferie non ha mai messo piede — tranne alcuni vecchi militanti fascisti — ma che vorrebbe spiegarci come si soffre nelle periferie e di come ai Parioli o a Capalbio non ci si renda conto del dramma. E invece chi conosce le periferie sa che c’è molta più solidarietà lì che ai Parioli o a Capalbio».
Nel centrodestra in cui anche lei ha militato, il pericolo immigrazione è stato sempre usato come strumento politico: negli anni ‘90 c’era il problema degli albanesi, nei primi anni 2000 quello dei rumeni.
«Premetto che io ho lasciato la politica nazionale nel 2001, ma comunque era tutto molto diverso: a quell’epoca c’erano parti del centrodestra che, sì, alimentavano polemiche sugli immigrati, ma Berlusconi riusciva a mantenerle dentro una dimensione logica. I fascisti ci sono sempre stati nel centrodestra, così come i comunisti nel centrosinistra. Berlusconi e Renzi hanno tentato di tenere sotto controllo queste spinte, ma hanno fallito entrambi e hanno dato via libera agli estremisti. Da una parte e dall’altra: certe strumentalizzazioni a sinistra sono altrettanto sbagliate».
Ad esempio?
«Ad esempio la spettacolarizzazione che don Biancalani ha fatto dei suoi profughi, esponendoli in un momento politicamente complesso. Nei “buoni” a volte c’è la vanità di essere buoni. Ed è un peccato peggiore della cattiveria».
Sull’altro fronte Le strumentalizzazioni di certa sinistra sono altrettanto sbagliate In don Biancalani c’è la vanità di essere buoni, peggiore della cattiveria