Caso Scieri, quei registri dell’Esercito «sbianchettati»
I tre indagati non risultano in caserma la notte in cui morì il parà. Ma un testimone li aveva visti
Registri dell’Esercito «sbianchettati». È quello che emergerebbe agli atti dell’inchiesta sulla morte di Emanuele Scieri, il giovane allievo paracadutista di Siracusa la notte che, secondo le nuove indagini, fu ucciso tra il 13 e il 14 agosto 1999 nella caserma Gamerra di Pisa.
È un particolare non secondario, quello che sarebbe stato scoperto dalla squadra mobile di Firenze coordinata dal procuratore Alessandro Crini e dal sostituto Restuccia, che nei giorni scorsi hanno messo ai domiciliari, per omicidio volontario, l’ex caporale Alessandro Panella, 39 anni, di Cerveteri (Roma), fermato poco prima che fuggisse negli Stati Uniti, e che hanno perquisito altri due ex parà.
Scorrendo i registri di quei giorni sarebbero emerse delle sbianchettature, cioè parti cancellate, nomi, orari, ingressi e uscite. I tre indagati risulterebbero in licenza a partire dal 13 agosto, proprio la notte dell’omicidio di Scieri.
Nell’ordinanza di custodia cautelare c’è invece un testimone che colloca il terzetto all’interno della caserma e racconta che i tre indagati erano molto agitati. «Sudavano freddo, parlottavano tra lo- ro — ha raccontato — Dissero che avevano esagerato, l’avevano fatta grossa e non sapevano come dirlo al colonnello. Quando si accorsero che avevo capito, il Panella mi disse: se parli ti ammazzo». Ma agli atti dell’inchiesta non c’è solo lui: ci sarebbe infatti un altro testimone che racconta come, quella notte, vide entrare nello spazio della Gamerra i tre indagati e poi li vide scappare a gambe levate.
Probabilmente gli inquirenti faranno anche queste domande agli indagati: gli interrogatori sono stati fissati la settimana prossima a Pisa. In queste ore gli inquirenti stanno quindi riprendendo i nuovi accertamenti ma anche quello che è emerso dalle perquisizioni: in casa di uno dei due indagati — un militare ancora in forza all’Esercito — la polizia ha sequestrato due foto datate in cui — per gli inquirenti — si vedono i «pompaggi», cioé persone che stanno facendo flessioni.
Questi dati vengono adesso riletti dagli inquirenti. Che vogliono capire se ci siano state coperture o depistaggi, come in buona sostanza sostiene la relazione finale della Commissione d’inchiesta. Ad esempio: come mai non furono ritenuti interessanti i racconti di quelli che abitavano vicino alla caserma e che sostenevano di aver sentito dei rantoli la notte del 13 agosto? Nell’ordinanza si punta il dito anche sul sistema dei controlli interni della caserma. Un altro dato che sarà approfondito.
I racconti dei commilitoni Alcuni militari sostengono di aver visto il terzetto entrare in caserma e poi di averli sorpresi a scappare a gambe levate