Corriere Fiorentino

L’«IDIOT SAVANT» E LA SCUOLA CHE LO VALORIZZA

- di Michele Zappella* *Professore emerito di neuropsich­iatria all’Università di Siena

Caro direttore, il grande successo di Shaun («The Good doctor», serie televisiva su Rai 1), indica che è giusto rispettare e valorizzar­e talento e capacità, mettendo in secondo piano le difficoltà, anche importanti, e che questa convinzion­e sta diventando patrimonio comune. Shaun è un giovane medico che ha un’eccezional­e memoria visiva che gli consente intuizioni brillanti. È un bell’esempio di quello che un tempo si chiamava un «idiot savant», definizion­e data alla fine dell’Ottocento da John L.Down, lo stesso che descrisse per primo il mongolismo. In una conferenza tenuta nel 1887 alla Royal Society of Medicine a Londra, espose su questo tema la sua esperienza relativa a una decina di persone che avevano delle capacità eccezional­i su un fondo di ritardo moderato: uno di questi, per esempio, sapeva a memoria tutta la Bibbia. Usò il termine «idiot savant» perché a quel tempo la parola idiozia comprendev­a tutte le forme di ritardo mentale: oggi la parola idiot deve essere cancellata, anche perché Shaun non è affatto ritardato ma ha un disturbo di tipo autistico.

Fra i savant c’è un brillante pianista, Marco, che conosco da quando era bambino e ha avuto una storia simile a quella raccontata nel film: poco valorizzat­o alle elementari perché più indietro degli altri, dimostra poi una passione per il suono delle campane di cui descrive dettagli sconosciut­i ai suoi familiari. Da qui il passaggio alla musica è breve per cui si decide di fargli imparare a suonare il piano. Lì Marco rivela il suo talento nell’abilità sulla tastiera e in una strepitosa memoria musicale. Ha la fortuna di trovare un bravo insegnante che si batterà negli anni successivi in tutti modi perché il suo allievo vada avanti fino al Conservato­rio di Santa Cecilia. Oggi Marco fa dei bellissimi concerti per piano e per lui non c’è bisogno di spartito: ha tutto nella memoria e le suonate di Liszt, Rachmanino­v, Chopin, Beethoven gli vengono naturali nelle dita. Come Marco ci sono pochi altri: i savant sono molto rari, come spesso è raro il talento, che va cercato e coltivato al di là dei pregiudizi. Questi ultimi vorrebbero che nei giovani a scuola si cercassero i punti deboli, con una caccia a certificar­e il disabile per dargli l’insegnante di sostegno col risultato di avere nel nostro Paese figure di appoggio in rapporto 1 a 1, 10 volte di più della Francia . I ragazzi savant ci indicano un’altra strada: quella di ricercare in primo luogo le capacità nei giovani, anche in quelli con difficoltà e disabilità, e di valorizzar­le. Per questa via è possibile che la solidariet­à verso di loro si arricchisc­a in stima, rispetto e simpatia, anche da parte dei loro compagni.

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