UNA CATENA DI ERRORI
Il sagrato di Santo Spirito rischia di diventare una zona franca. Uno spazio a disposizione di chiunque, e per qualunque scopo. Cosi, anzi, è già, piaccia o non piaccia. E a noi non piace per niente. Lo scetticismo con cui avevamo accolto l’ordinanza anti degrado valida per sei piazze e tre giardini era più che giustificato. Lo spirito del provvedimento era apprezzabile, e cioè tutelare finalmente il decoro di alcune zone particolarmente significative della città, ma subito ci eravamo chiesti se i controlli della polizia municipale sarebbero riusciti a garantire il rispetto dei divieti di bivacco e di altri ameni intrattenimenti. Il punto più debole dell’operazione ci sembrava proprio piazza Santo Spirito, abbandonata da anni alla movida molesta e alle sortite degli antagonisti. Nei mesi scorsi l’impegno delle forze dell’ordine contro gli spacciatori c’è stato, ma è mancata una svolta vera e definitiva in grado di ripristinare normali regole di convivenza, con i residenti e non solo. Di notte il sagrato della basilica si trasforma in un accampamento, tra canti, alcol e mangiate di pizza; di giorno troppo a lungo, oltre al mangificio a cielo aperto, si è tollerato che su quelle pietre in occasione dei mercatini si facesse commercio di chincaglierie di ogni tipo. Un vero e proprio assedio. Quando sul portone principale della basilica era comparso perfino uno striscione contro la polizia, il priore del convento era sbottato: «Si è passato ogni limite, ora — aveva detto padre Giuseppe — abbiamo paura: chiederò l’intervento del ministro dell’Interno a difesa della sicurezza e della dignità del luogo sacro». Come pensare che possa essere una fila di fioriere un confine invalicabile? Com’è stato possibile solo pensarlo? Forse in Palazzo Vecchio qualcuno pensa che Santo Spirito sia un ritrovo di educande? Non bastano le buone intenzioni per vincere le partite più delicate. Già la prima notte dopo il varo dell’ordinanza era chiaro che i «padroni» del sagrato non se ne sarebbero andati con tanto di scuse. Domenica scorsa il titolo di apertura del nostro giornale era: «No ai bivacchi, la prima beffa».
In Santo Spirito infatti il venerdì sera tutto era rimasto come prima dell’ordinanza, anzi peggio: gli antagonisti avevano appeso uno striscione al portone della basilica e piazzato sul sagrato un tavolino, mentre i vigili si erano limitati a far capolino ritirandosi velocemente. Nel corso della settimana si è preso (o perso) tempo volgendo altrove lo sguardo. E francamente sono apparsi quasi ridicoli i proclami con cui si sono annunciate due denunce contro due sbandati in piazza Pier Vettori e via Galliano. Poi è arrivato un venerdì davvero imbarazzante. In piazza Santo Spirito l’amministrazione ha voluto che si tenesse un concerto del maestro Lanzetta; di contro, i «ribelli» hanno occupato il sagrato salutando la vittoria con un bel rogo, acceso per bruciare la bandiera del Pd. Poco male, se l’episodio non mettesse a repentaglio l’immagine di tutte le istituzioni.
In Comune è stato fatto un grave errore di sottovalutazione. Il sindaco ora ha davanti tre strade: 1) fare retromarcia e dimenticarsi velocemente dell’ordinanza, però con conseguenze difficilmente valutabili a un anno dalle elezioni; 2) cercare un coordinamento più forte con prefetto e questore cercando di recuperare il controllo del sagrato (o, meglio, della piazza); 3) ammettere di non avere fatto i conti giusti e accettare, una volta per tutte, l’idea della cancellata. Che magari comprenda anche la scalinata. Ma dovrà essere molto alta. Per contenere l’esuberanza di chi è stato abituato a pensare che tutto gli è permesso. A questo si è giunti a forza di subire il ricatto di chi gridava alla militarizzazione di Firenze per impedire il rispetto del diritto dei fiorentini alla sicurezza, al riposo e anche a passare un po’ di tempo libero nelle piazze sentendosi a casa propria.