Gli Argonauti a Portoferraio (sulle tracce di una leggenda)
Si dice che i puntini scuri sui sassolini delle spiagge bianche siano le gocce di sudore di Giasone e i suoi compagni Pochi parcheggi e servizi al minimo: la Costa delle ghiaie è una gemma, difficile da raggiungere se non a piedi
Le spiagge bianche della Toscana, quelle vere senza un’industria chimica alle spalle, stanno sulla costa nord dell’Isola d’Elba, tra Forte Stella e Capo d’Enfola. Quando il sole è allo zenit, il candore abbaglia la vista e il calore è irradiato anche dal basso, da quei sassolini di eurite risalenti a 7-8 milioni di anni fa, punteggiati da minuscoli frammenti di elbaite, una variante di tormalina blu che si trova solo a ovest di Portoferraio. Secondo la leggenda quei puntolini scuri sui sassi bianchi levigati dal mare sono la traccia indelebile delle gocce di sudore degli Argonauti che, dopo essersi impossessati del vello d’oro, assieme a Giasone approdarono sull’antica Aethalia e misero al sicuro le navi in un’insenatura che battezzarono Argon, attorno al quale sarebbe sorto il paese di Portoferraio. Leggende a parte, le otto spiagge bianche dell’Elba, dove piccoli tratti a concessione demaniale con 20-30 ombrelloni e servizi ridotti all’osso convivono con tratti completamente liberi, confermano l’adagio che più una cosa è bella, più difficile è raggiungerla. Non tanto per il carotraghetti, i trasporti pubblici inadeguati e le difficoltà di parcheggio, che combinate insieme consigliano di imbarcarsi a piedi a Piombino e di noleggiare uno scooter o una bicicletta appena sbarcati a Portoferraio, quanto per la valutazione ponderata di una serie di fattori: resistenza fisica a scendere per gli stretti e ciottolosi sentieri ricavati tra i muretti delle proprietà private con viste mozzafiato, forza nelle gambe e fiato per risalirli dopo una giornata di stremante relax, studio del quadrante dei venti nella certezza che le brezze da sud moltiplicano l’appagamento finale perché schiariscono acque di per sé chiare, stoica capacità a ritemprarsi sotto l’ombrellone, da cui i raggi solari filtrano nonostante l’apparenza contraria. Tutto ciò premesso, ciascuna delle spiagge di sassi bianchi dell’Elba è indimenticabile.
Prendiamo quella di Sansone, la più suggestiva a partire dal nome di cui nessuno sa svelare l’origine. Il colpo d’occhio è potente, al pari del personaggio biblico: un’alta falesia bianca delimita una breve spiaggia (bianca) che ogni anno avanza di qualche decimetro. Non è un luogo di solitudine e la gente si accalca fin sotto lo strapiombo da cui ogni tanto si stacca un sasso. Il gioco vale la candela, perché a ognuno dei sei-sette tuffi al giorno, indispensabili per ritemprarsi dal caldo, ci si trova circondati dai pesci. Se poi si porta del pane e si sbriciola nell’acqua, arrivano a branchi: «Vedi dove c’è quella secca – chiede il bagnino del Sansone beach indicando un
Le regole degli isolani I turisti sono tollerati, ma fino a un certo punto Se rispettano il posto: i rifiuti vanno nei bidoni della differenziata, e non si portano via i sassolini