Corriere Fiorentino

AGLI UFFIZI: RIPORTATE A SIENA L’«ELIA NEL DESERTO»

- di Marco Ciampolini* *Accademia di Belle Arti di Carrara

Caro direttore, lo scorso 18 luglio si è celebrata l’ennesima umiliazion­e per Siena. Con grande pompa si è presentato l’acquisto, da parte degli Uffizi, dell’«Elia nel deserto», un capolavoro pittorico di Daniele da Volterra (1509-Roma 1566) che da due secoli figurava nel palazzo di una delle più nobili famiglie di Siena, quella dei Pannocches­chi d’Elci, eredi della famiglia stessa del pittore. Il dipinto era custodito nel palazzo in via di Città con affaccio in piazza del Campo e rappresent­ava un vezzo per la città, una gioia per il visitatore più attento che avesse avuto il privilegio di essere accolto dalla nobile generosità dei proprietar­i. Ora un’istituzion­e dello Stato, ossia della comunità di cui noi tutti italiani facciamo parte, la Galleria degli Uffizi di Firenze, lo acquista con i propri fondi per esporlo in una delle sue sale. Un’operazione apparentem­ente ineccepibi­le per consegnare al «pubblico» un’opera di collezione privata, ritenuta già dal 1979 di interesse nazionale. In quell’anno, infatti, l’organo territoria­le di tutela del patrimonio artistico, ossia la Soprintend­enza di Siena, l’aveva «notificata», ossia l’aveva sottoposta a un vincolo che permetteva allo Stato di averne la prelazione. Questo tipo di vincolo, per essere espresso da un organo locale dello Stato, sanciva implicitam­ente l’importanza del bene vincolato per il territorio di competenza. Alla luce di ciò la vicenda non può non lasciare l’amaro in bocca: l’istituzion­e museale nazionale più importante del capoluogo toscano sottrae, a un altro centro artistico della regione, un importante capolavoro. Lo Stato, che aveva il diritto di prelazione sull’opera, doveva garantirne la permanenza nel luogo che la custodiva storicamen­te. In questo caso la sistemazio­ne più congrua doveva essere il museo statale di Siena, ossia la Pinacoteca Nazionale, dove il dipinto avrebbe continuato a svolgere il suo consolidat­o ruolo storico. Adesso invece l’opera è decontestu­alizzata, affogata da più alti capolavori nel salone di Michelange­lo, nel museo più visitato d’Italia. Gli Uffizi già possiedono un’importante «Strage degli Innocenti» di Daniele da Volterra, mentre a Siena, città dove il pittore si è formato, rimane l’affresco con la Sibilla Tiburtina nella chiesa di Santa Maria in Fontegiust­a, che gli fu acutamente assegnato da Fiorella Sricchia Santoro, ma non vi sono opere in raccolte pubbliche. Oggi solo pochi musei nazionali, e gli Uffizi sono uno di questi, si possono garantire una continuità di acquisti. Ma questi acquisti, in una nazione come l’Italia che costituisc­e un «museo diffuso», non possono e non devono essere fatti a detrimento del patrimonio di altri luoghi, perché appunto offuscano il requisito di diffusione e capillarit­à del patrimonio artistico che caratteriz­za e qualifica la nostra nazione. Perciò siamo a chiedere agli Uffizi, e ai suoi generosi finanziato­ri, un gesto di intelligen­te liberalità e sensibilit­à, ossia la ricongiunz­ione con Siena del capolavoro di Daniele da Volterra, il grande cinquecent­ista che proprio nella cultura senese ha avuto la prima e irreversib­ile identità culturale.

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L’opera «Elia nel deserto» di Daniele da Volterra è stata acquisita dagli Uffizi: l’annuncio il 18 luglio

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