L’assedio che non c’è Viaggio nella storia vista dal Belvedere
Da domani a domenica Firenze vista da lassù con la Compagnia delle Seggiole Il racconto dell’attesa di un assalto (che non ci sarà) durante la peste del ‘600 Fabio Baronti: «È il nostro inno alla bellezza, riappropriatevi di questo luogo»
«Attendiamo tutti quell’ora miracolosa che tocca, una volta nella vita, a ciascuno di noi: un assedio, uno sconvolgimento, la guerra, la gloria di un momento. Nell’attesa, tra queste mura, consumiamo i nostri anni migliori». Firenze, 1600. Le milizie del Forte Belvedere vegliano sulla famiglia granducale, arroccata all’interno della fortezza per sfuggire all’epidemia di peste che sta decimando la popolazione. Come ogni giorno aspettano un assalto che sembra non arrivare mai.
«Cosa si può raccontare di un luogo di guerra in cui non è mai stato sparato neanche un colpo? Come ne Il Deserto dei Tartari di Dino Buzzati, la guarnigione del Forte scruta continuamente l’orizzonte in cerca di un nemico inesistente. Così, nell’attesa, scorre il tempo all’interno della fortezza».
Racconta di epoche rinascimentali e suggestioni novecentesche il fondatore della Compagnia delle Seggiole, Fabio Baronti, a proposito di L’ora miracolosa – Firenze vista dal Forte Belvedere, l’ultimo degli oramai celebri viaggi teatrali della compagnia che, dopo il debutto a fine luglio, torna in scena al Forte di Belvedere da domani al 12 agosto. Un altro viaggio nello spazio e nel tempo che, grazie alle parole di Riccardo Ventrella e i costumi di Giancarlo Mancini, stavolta catapulta gli spettatori in un mondo militare fantastico eppure realmente esistito secoli fa, ai tempi della peste manzoniana.
Scenografia di questa rappresentazione sono le terrazze e i cunicoli stessi del gioiello del Buontalenti, attraverso i quali i personaggi conducono via via gli spettatori: i giovani soldati del contado, un farabutto in fuga dalla forca, il capitano e la popolaresca vivandiera, tutti in conflitto tra l’attesa della grande occasione e la rassicurante quotidianità all’interno della magnifica cittadella che, al contrario della sinistra Fortezza Bastiani di buzzatiana memoria, è invece oasi di serenità e perfezione architettonica. «Rientrare al Forte Belvedere mi ha profondamente emozionato: per tanti fiorentini come me è uno dei luoghi dell’infanzia, delle lunghe estati, dei sogni. Quassù, dove ogni angolo di Firenze è una cartolina, mi sento davvero orgoglioso di appartenere a questa città — racconta Fabio Baronti — Per questo L’ora miracolosa è innanzitutto un invito ai fiorentini a riappropriarsi del Forte: a quelli che l’hanno vissuto, che non l’hanno mai visto o che magari sono stati qui in gita da piccoli, e tornano adesso con i bambini. Poi è naturalmente un inno alla bellezza, un canto in cima alla