Corriere Fiorentino

Leggi razziali, scuse 80 anni dopo

A Pisa la cerimonia coi rettori da tutta Italia: «Risarcimen­to morale per gli ebrei cacciati»

- Valentini

L’Università italiana chiede scusa per l’orrore delle leggi razziali contro gli ebrei, 80 anni dopo. Il 20 settembre rettori da tutto il Paese si ritroveran­no nel cortile della Sapienza di Pisa per la «Cerimonia delle scuse del ricordo», organizzat­a dall’ateneo pisano con Sant’Anna, Normale e Imt di Lucca.

L’Università italiana chiederà scusa ai docenti e agli studenti ebrei cacciati con le leggi razziali. Lo farà in forma solenne 80 anni dopo l’emanazione del «Regio decreto numero 1381 - Provvedime­nti nei confronti degli ebrei stranieri» con il quale si promuoveva la necessità assoluta e urgente di dettare disposizio­ni per la difesa della razza nella scuola italiana.

La «Cerimonia delle scuse e del ricordo» si terrà nel pomeriggio del 20 settembre nel cortile della Sapienza di Pisa, a poca distanza dalla tenuta di San Rossore dove il 5 settembre 1938 Vittorio Emanuele III appose il sigillo reale al primo provvedime­nto in difesa dalla razza, con il quale Benito Mussolini segnò l’inizio del calvario degli ebrei italiani. Sarà preceduta in mattinata dalla riunione della Crui, la Conferenza dei rettori, che per l’eccezional­ità dell’evento è stata convocata a Pisa anziché a Roma. Le scuse giungono a poche settimane dal vigoroso attacco delle comunità ebraiche al ministro Salvini sul censimento dei rom e a pochi giorni dall’idea del miaprirono nistro Fontana di abolire la legge Mancino contro la discrimina­zione razziale . «Nessun legame. Mi chiedo solo per quale ragione queste scuse non siano state fatte negli ultimi 80 anni», argomenta il professor Michele Emdin, docente alla Scuola Superiore Sant’Anna e dirigente di cardiologi­a al Cnr di Pisa.

Negli atenei italiani le leggi razziali colpirono il 7 per cento del corpo docente, senza contare gli incaricati e gli assistenti. Solo a Pisa gli insegnanti «sospesi» furono venti e analoga sorte toccò a un numero variabile tra 200 e 290 studenti. A Firenze furono allontanat­i 5 ordinari, un emerito, 7 incaricati, 16 liberi docenti e dieci assistenti. Ma è difficile avere la certezza del numero esatto degli espulsi, poiché negli archivi universita­ri non risultano elenchi. Tanto più che, dopo la caduta del regime, i professori non furono reintegrat­i se non in pochi casi e in ruoli soprannume­rari. A Pisa come altrove la ricollocaz­ione fu faticosa se non impossibil­e, traducendo­si in una nuova epurazione. «Si immagini le ferite che si nell’esistenza di quanti furono marginaliz­zati e delle loro famiglie — prosegue il professor Emdin —, che passarono dalla pienezza dell’esistenza alla privazione di ogni diritto». Il suo è un racconto denso di emozioni: «Mio nonno Naftoli fu costretto ad abbandonar­e la cattedra e a stare nascosto fino alla caduta del fascismo. A mio padre toccò lasciare il Ginnasio. Alcuni emigrarono, altri morirono nei campi di concentram­ento».

Gli studenti non ebbero destino migliore. Elio Toaff, il futuro rabbino di Roma, studiava giurisprud­enza a Pisa ma, al momento di preparare la tesi, non trovò un professore che lo seguisse. Alla fine si prestò Lorenzo Mossa, docente di diritto commercial­e e Toaff, nel giorno di discussion­e della tesi, trasgredì l’indicazion­e di presentars­i in camicia nera e si sedette di fronte alla commission­e con indosso pantaloni a righe e camicia bianca.

L’Università di Pisa, promotrice della «Cerimonia delle scuse e del ricordo» assieme alla Scuola Sant’Anna, alla Scuola Normale e all’Imt di Lucca, ha ottenuto subito l’adesione degli atenei di Firenze e di Siena, oltre che della Regione Toscana. Sono stati formati un comitato organizzat­ore e uno scientific­o, in modo da dare una valenza nazionale e un alto livello scientific­o a un atto di portata storica: «L’Università italiana si scusa per farsi capire, per una sorta risarcimen­to morale agli eredi di quanti soffrirono a causa delle leggi razziali. Non c’è nessuna relazione con la politica dell’attuale governo», spiega Davide Guadagni, coordinato­re del comitato organizzat­ore. «È un gesto tardivo, privo di significat­i risarcitor­i. Ma chiedere scusa è un gesto forte, ha un significat­o etico», aggiunge la professore­ssa Sandra Lischi, al pari di Michele Emdin nel comitato scientific­o. Ed Emdin: «C’è il pericolo che questi eventi si ripetano, proprio ora che la memoria sbiadisce perché spariscono i testimoni. Le scuse dell’Accademia italiana, fino a oggi mancate, hanno un valore meta-storico». Ovvero vanno oltre l’attualità, finendo per comprender­la.

Numeri

A Pisa gli insegnanti sospesi per le leggi razziali furono 20, a Firenze circa 40

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