«Noi, al centro della scossa con l’angoscia tsunami»
IL RACCONTO
Il divano dove ero disteso si è mosso e ho pensato che mio figlio, dietro di me, lo stesse scuotendo per scherzo. Il divano continuava a muoversi. Accidenti com’è forte, mi sono detto.
Poi mi è sembrato troppo forte per essere umano. Allora ho alzato la testa e la casa fluttuava. Si incurvava. Ho visto la piscina che si muoveva, si torceva. Magari era solo l’acqua, che infatti poi è balzata in parte fuori dalla piscina. Ma non avevo mai visto una cosa simile. Nessuno dei miei figli poteva farlo. Allora finalmente ho capito che si trattava di un terremoto, molto più forte di tutti quelli che ho sperimentato finora, e dire che le altre volte mi trovavo al primo piano e invece stavolta ero a pianterreno, sotto una costruzione di legno. Che peraltro ha retto meravigliosamente. Siamo corsi all’aperto finché le cose non hanno smesso di tremare. Poi siamo tornati in casa, sotto quella che credo si possa chiamare veranda. Ma questo non è importante. Importante è che la casa è praticamente sul mare. Lo tsunami, abbiamo pensato. Ci troviamo su una spiaggia di Bali. Guardando le notizie su Internet abbiamo visto che l’epicentro non era per niente lontano. Da quando siamo qua, abbiamo incontrato solo persone assolutamente amabili, il che è un record perché la nostra famiglia è composta di persone particolarmente suscettibili. Ma in quel momento non c’era nessuno a cui chiedere. Incredibile come in tali frangenti le persone cerchino di diventare rapidamente esperte. Carta geografica alla mano, abbiamo cominciato a fare dei calcoli: profondità dell’epicentro, nostra posizione sulla costa, vie di fuga.
Abbiamo letto che era scattato effettivamente l’allarme tsunami. Se la sirena avesse cominciato a suonare, consigliavano di passare dalle zone rosse alle zone gialle. Il bello è che io li avevo visti alcuni cartelli che indicavano dove andare in casi simili, ma li avevo guardati distrattamente. Ora non avrei saputo proprio dove andare. Sicuramente eravamo nella zona rossa. Ma dove si trovava la zona gialla? Abbiamo preparato degli zainetti per passare la notte fuori. Siamo stati molto incerti. Dovevano darci alla fuga a piedi nella notte? Comunque meglio a piedi che in macchina, pensavo. In certe zone di Bali le strade sono del passato, ma il traffico è del futuro, per cui fuggire in macchina mi sembrava il modo migliore per rimanere in trappola. E comunque la macchina non ce l’avevamo. Ma le alture? Un altro consiglio era di salire sulle alture, ma qua si vede l’abisso che separa la teoria dalla pratica: qua vicino non ci sono alture. C’è però un albergo. Potevano chiedere riparo lì. Ma poteva crollare per una nuova scossa (non so se ho reso l’idea, ma già quella prima scossa ci aveva dato una sensazione di incredibile potenza). Oppure, per quello che ne sapevamo noi, poteva essere portato via dallo tsunami. C’era anche la possibilità teorica che quelli dell’albergo ci respingessero insieme a una massa di altri disperati chiudendoci la porta in faccia quando ormai era troppo tardi e l’onda stava arrivando. Abbiamo valutato altre possibilità: gli alberi avrebbero resistito al terremoto o all’onda? E noi saremmo stati in grado di resistere aggrappati? Tutte domande senza risposta.
Alla fine siamo rimasti a casa, non ci sono state altre scosse e poi l’allarme tsunami è rientrato. Siamo andati a dormire. Il giorno dopo ho appreso che soprattutto a Lombok ci sono stati molti morti. Andando in giro a Bali mi hanno indicato edifici con gravi danni, ma i più non hanno risentito del terremoto. La mia incompetenza è assoluta, ma mi sembra che qua molte costruzioni siano a base di bambù, può darsi che questo aumenti la loro elasticità. O magari tutte quelle offerte che mettono ogni giorno davanti alle case (tutte le case) per gli dei e per i demoni funzionano. Un terremoto del genere (più forte di quello dell’Aquila, mi dicono) da noi avrebbe fatto danni rovinosi. Ho incontrato italiani che avevano avuto una grande paura. Come noi del resto. Mentre per lo più le persone del luogo (parlo di Bali, non di Lombok) dicevano che in fondo non era accaduto niente di particolarmente grave. Sembravano più fatalisti. Dicevano: sarà stato il vulcano. Dicevano che alcuni stranieri si erano dati a una fuga precipitosa e che si erano fatti male per questo. Quella dello tsunami, al nostro tassista, sembrava poi una paura assurda. Diceva che non solo lui, ma neanche suo padre ricordava uno tsunami a Bali. Forse lo diceva per rassicurarci. O è un modo diverso di vedere le cose.
La casa fluttuava, il divano si scuoteva E noi, sul mare, temendo lo tsunami
Prepariamo gli zaini per passare la notte fuori. Ma dove fuggire? Qui non ci sono alture