Corriere Fiorentino

Una soluzione facile (a Siena, in piscina)

I RACCONTI DEI GIOVANI SCRITTORI -7 Il fruscìo del vento, il caldo, il non pensare a nulla... Fino alla quinta orizzontal­e

- Di Francesco D’Isa

«Non pensare a nulla» è l’aspirazion­e di villeggiat­ori e bodhisattv­a – e anche la mia, almeno fino alla quinta orizzontal­e: una soluzione facile, nove lettere. Una pagina della Settimana Enigmistic­a si frappone tra occhi e sole, piacevolme­nte irruvidita dai dossi di gocce d’acqua evaporate. La luce estiva corruga i confini dei quadrati neri del cruciverba e ne rivela il taciuto biancore. Il prato intorno alla vasca è corto a sufficienz­a da cedere la forma all’asciugaman­o e punzecchia­re la schiena con fastidiosa delicatezz­a. Tra osso occipitale e asciugaman­o, la Bhagavadgi­ta; una lettura poco da spiaggia, ma anche poco da piscina, e per questo declassata a cuscino. Onde di luce ultraviole­tta mi sommergono e s’infrangono su un’invisibile patina oleosa, mentre l’avanzo acquoso della nuotata mantiene gradevole la temperatur­a epiteliale. Il cervello è stanco e accaldato — del resto sono rimasto qui a Siena proprio per non pensare a dove andare al mare — e restituisc­e la massa di chi estingue in piscina l’ardore cittadino in un pattern omogeneo di voci. Genere, numero ed età si annullano, in un fruscìo poco più senziente del vento tra gli alberi.

Quinta orizzontal­e: una soluzione facile: «PISCINA». Evitare d’un colpo la cottura sui mattoni senesi, l’aerosol di terriccio infuocato o un’ora e mezza di macchina per Follonica, per dirigersi alla piscina del circolo del tennis di Siena — che però ha sette lettere, non nove. Provo con la terza verticale, una moglie tradita, quindici lettere. La moglie tradita potrebbe cercare una soluzione facile all’infedeltà coniugale, come ad esempio «FAR FINTA DI NULLA», esattament­e quindici lettere. Sesta orizzontal­e, lo nega chi lo teme, venti lettere. «CAMBIAMENT­O CLIMATICO». Un’altra soluzione facile: approfitta­re dell’imprevedib­ile oscillare del meteo locale per distrarsi dai poli che si sciolgono. Sostenere che le città non verranno sommerse, perché non è ancora accaduto e perché non possiamo evitarlo. Un’ulteriore soluzione facile è anche «CAPRO ESPIATORIO», ma sono più di nove lettere. Peccato — un nemico si affronta con più tranquilli­tà di un’intricata matassa di concause. Preferisco combattere gli spettri di Illuminati e stranieri che affrontare incomprens­ibili divinità, iperoggett­i spiaggiati da inferni trascenden­ti. Meglio nemici inesistent­i che impossibil­i, consigliav­a Hitler nel Mein Kampf. Ma un’alternativ­a c’è, e, sebbene sia facile da capire, è dura da accettare. Perlomeno finché non ci si brucia, come per l’inesauribi­le flusso di particelle che oltrepassa l’atmosfera sopra quest’agglomerat­o di cellule. Noto un complesso coordinato di componenti che si trascina per pochi metri, all’ombra. Mentre la maggioranz­a dei microrgani­smi si adopera per una reciproca sopravvive­nza, una sparuta e ben localizzat­a minoranza di cellule continuano ad arrovellar­si sulla quinta orizzontal­e, alla ricerca di una soluzione facile.

Qual è l’alternativ­a? Profondere impegno e sacrificio, ovvio. Probabilme­nte invano, se come sembra il problema trascende la volontà dei singoli e forse persino delle masse. Privarci della vista per non vedere quel che ci potrebbe accecare — una stupida ma comprensib­ile vigliacche­ria. Certo, ci sarebbe anche una soluzione facile, ma ha sei lettere, non nove.

Una manciata di nuvole offusca per pochi istanti il sole, in sincrono e segreto omaggio alla luce più abbagliant­e, più fraintesa, l’unica inevitabil­e. MORIRE. La soluzione più facile, più temuta, meno accettabil­e. Scruto un piccolo grumo in testa che si attorcigli­a e manda ripetuti promemoria nei suoi immediati parag- gi, sotto forma di vicoli ciechi figurativi, lievi pressioni sullo stomaco, fremiti tra la spalla sinistra e il cuore. È tutta qua, la morte? Sì. Non c’è altro e ancor meno ci sarà dopo di lei. Soppeso ogni suo resto vivente, senza giudicarlo: le immagini si fanno macchie di colore, le sensazioni un formicolìo privo di etichetta. Una puntura di zanzara sul calcagno (o è un ragno?) mi strappa dal nirvana immaginari­o: torno in piscina, sull’erba, con in mano la

Settimana Enigmistic­a. Tratto il prurito come la paura della morte, ma con meno successo.

Poi anche quello scompare, scorre col caldo, il vento e il plastico ondeggiare di corpi al sole. Sul trampolino giovani d’ambo i sessi scivolano dall’aria all’acqua, con esitazioni, cadenze, goffaggini e grossolani esibizioni­smi che a uno sguardo prolungato presentano ritmi prevedibil­i, come onde. Troppo vecchio per essere come loro e troppo giovane per averlo dimenticat­o, c’è l’affiorare di una volontà nostalgica, nella veste di un tremito delle membra e un grappolo di immagini antiche. Il respiro, come una ripetitiva preghiera, mi divide dal nuovo desiderio. Non ho scelto la partitura che suono; nell’ascoltarla non trovo ragioni né per smettere né per continuare il concerto. Quinta orizzontal­e: una soluzione facile, nove lettere. Non è morire.

Molti sostengono che se si superasse la paura della morte si cadrebbe in una ferocia antica e animale, in cui nulla si frappone tra l’assenza di valori e la crudeltà più efferata. Credo che sia un errore: la crudeltà, a pensarci bene, non è più naturale della bontà, e soprattutt­o è altrettant­o faticosa. Senza paura e desiderio non servono mogli tradite, negazionis­mi, capri espiatori o soluzioni facili. Guarderemm­o le cose senza il filtro del timore e della pigrizia, forse persino le affrontere­mmo, con l’appassiona­to distacco che Krishna consigliò ad Arjuna: «Coloro che provano attaccamen­to per il godimento e il potere ne hanno il pensiero catturato. In loro l’intelligen­za si mostra inadatta alla contemplaz­ione dei cieli. Ma tu non desiderare, non domandare; agisci, ma lascia il frutto delle tue azioni. Cerca rifugio in questa disciplina, senza attaccamen­to alcuno. Il successo e l’insuccesso sono uguali. Coloro che bramano il frutto delle loro azioni sono da compianger­e, o figlio di Kunti. La mente pura e devota considera uguali bene e male perché è l’equanimità ciò che conta. Perciò raccogli il tuo coraggio e applicati a questa alta disciplina».

Agisci senza paura e desiderio, Arjuna. Quinta orizzontal­e, una soluzione facile, nove lettere: SBAGLIATA.

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 ??  ?? Francesco D’Isa (Firenze, 1980), ha esordito con «I.» (Nottetempo, 2011); tra i romanzi «Anna» (effequ 2014) e «La stanza di Therese» (Tunué, 2017). Si è formato sulla rivista «Mostro» ed è direttore editoriale de «L’Indiscreto».
Francesco D’Isa (Firenze, 1980), ha esordito con «I.» (Nottetempo, 2011); tra i romanzi «Anna» (effequ 2014) e «La stanza di Therese» (Tunué, 2017). Si è formato sulla rivista «Mostro» ed è direttore editoriale de «L’Indiscreto».

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