«Così accendiamo l’attenzione su quello che può riaccadere»
Il rettore Dei: l’istruzione conta di più dei proclami antirazzisti
Forse oggi non avremmo le stesse leggi razziali, il rischio è la mancanza di libertà Allora tutti chinarono la testa, chissà cosa succederebbe adesso
«Non sarà una commemorazione paludata. Le Università italiane saranno compatte in un monito forte per il presente e per il futuro». Il rettore dell’Università di Firenze, Luigi Dei, il 20 settembre sarà a Pisa per l’anniversario delle leggi razziali, assieme ai colleghi della conferenza dei rettori italiani. Dei, a più riprese, parla di «monito», ribadisce la necessità di «guardare al presente»: «Se è vero che nel ‘38 le Università applicarono una legge dello Stato, è vero anche che non si levarono grandi scudi contro quell’operazione. Se pensiamo anche al giuramento di fedeltà al fascismo furono solo 18 a rifiutarsi di firmare. Oggi credo che la memoria si rafforzi con questo atto di contrizione, se chiediamo scusa — spiega Dei — Queste manifestazioni hanno un senso se le spogliamo della celebrazione tutta proiettata sul passato, altrimenti diventano una sorta di scavo archeologico che risuscita epoche e civiltà sepolte. Quasi che certi eventi storici non siano mai accaduti».
Dei cita a memoria un dialogo di Giorgio Bassani ne Il Giardino dei Finzi Contini in cui Giannina, alla necropoli di Tarquinia, chiede: «Papà, perché le tombe antiche fanno meno malinconia di quelle più nuove?». «Gli etruschi, vedi, è tanto tempo che sono morti. È come se non siano mai vissuti», risponde lui. Ma Giannina commenta: «Però, adesso che dici così, mi fai pensare che anche gli etruschi sono vissuti, invece, e voglio bene anche a loro come a tutti gli altri».
«Se non la rendiamo viva, la memoria non serve — dice il rettore — Bisogna che dalle pagine dei libri di storia escano dei folletti in carne ed ossa, non parole morte». Perché oggi non mancano i pericoli: «Forse non c’è il rischio di avere oggi quelle stesse leggi razziali, i rischi sono l’intolleranza, la mancanza di libertà, la possibilità sempre in agguato di regimi liberticidi. Non necessariamente la replica degli eventi del passato, perché la storia non ripropone esattamente, nelle stesse forme quello che è già accaduto. Primo Levi diceva “è accaduto, può sempre accadere”. Quando le cose accadono significa che si possono creare le condizioni storiche perché possano riaccadere, pur in forme mutate. Però la sostanza è che dobbiamo vigilare, con la ragione».
Per il professor Dei, oggi i suoi colleghi non si comporterebbero come nel ’38, non piegherebbero la testa. Poi fa una pausa, un dubbio: «Talvolta tenere la schiena dritta può costare. Credo che si comporterebbero in modo diverso ma non ci metterei la mano sul fuoco... Queste manifestazioni servono anche a richiamarci al fatto che in certe situazioni bisogna sacrificare tutto di se stessi, carriera, prospettive… E prendere posizione. Oggi, non so se siamo pronti a prendere posizione».
Anche ora, secondo il rettore, c’è bisogno di schierarsi: «Oggi c’è da prendere posizione ma non in una dicotomia razzismo-antirazzismo perché non credo che serva a niente. C’è da prendere posizione sapendo che il mondo è complicato e quindi va governato per evitare che si creino situazioni di intolleranza. Non basta dire “siamo antirazzisti”, oggi dobbiamo capire perché si annida il tarlo dell’intolleranza, del razzismo, perché può accadere. Sono convinto che, più che le posizioni di principio e i proclami, l’istruzione e la cultura siano il più potente antidoto».