La stagione dei tiratoi Storia e scomparsa delle industrie sull’Arno
Era così bello che la sua costruzione fu attribuita ad Arnolfo di Cambio, l’architetto di Santa Maria del Fiore e di Palazzo Vecchio. Fiorenza ha costruito la sua prima ricchezza sulle banche e sulla lavorazione dei panni della lana che dava lavoro a migliaia di persone e vedeva i panni fiorentini in giro per tutti i mercati d’Europa. Una lavorazione complessa, che richiedeva grandi quantità di acqua (e quindi era svolta vicino all’Arno o ai torrenti e le gore che intersecavano il fitto tessuto cittadino dentro o appena fuori le mura) e strutture «industriali». Le più imquello portanti erano appunto i tiratoi, grandi terrazze coperte e aerate dove dopo essere stati colorati, lavati e stesi, «tirati» appunto in vernacolo, i panni erano messi a asciugare. I tiratoi furono costruiti dall’Arte della Lana, nata nel Trecento e una delle sette Arti Maggiori della città, ed erano sia in riva destra che in Oltrarno. Tra quelli documentati, cinque erano i principali, delle Grazie, quello della Pergola, quello in via degli Alfani e in Oltrarno quello di piazza del Cestello e più tardi quello in San Frediano, in piazza del Tiratoio. Il tiratoio delle Grazie aveva un grande tetto che sovrastava le strutture in legno su cui i panni asciugavano, era dotato di un pontile collegato direttamente con il fiume, ed era il punto nevralgico di una intensissima attività di decine di botteghe tanto che poco lontano la strada prese il nome di Corso dei Tintori. Il pontile a sua volta faceva parte del «porto» sull’Arno che da secoli si trovava poco lontano, al castello d’Altofronte, e che era circondato da un alto muro per difendere la città dalle piene e attracco di barche di ogni foggia e dimensione, che portavano legni dal Casentino e altre merci (il fiume era fonte di ricchezza anche con la sua sabbia, scavata dai renaioli). Quando le Arti furono sciolte dai Lorena, il patrimonio dell’Arte della Lana passò alla Camera di Commercio che decise di sfruttare lo spazio del grande tiratoio e dopo averlo abbattuto realizzò tra il 1858 e il 1860 il Palazzo della Borsa con il suo caratteristico «tempio» affacciato sul fiume.
Un edificio unico per Firenze, ma certo meno ricco di storia e di fascino del tiratoio che affascinò anche pittori e vedutisti.